"Noi, una famiglia al banco Qui i turisti sono di casa"

Domenico Bergo racconta la storia del suo bar che risale al 1920 "Ormai siamo un punto di riferimento, si sono strette anche amicizie"

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Ca’ Cappello, frazione di Porto Viro, una manciata di case lungo i campi di mais e riso. Qui sorge il locale della famiglia di Domenico Bergo, una storia antica che vive ancora oltre quella porta. "Abbiamo sempre fatto gli osti", dice Domenico mentre versa vino rosso nel bicchiere di una cliente. Il bar-trattoria si chiama come il titolare, bar Bergo. L’osteria del bisnonno, Carlo Bergo, correva l’anno 1920, si chiamava invece ‘La pioppa’. "Ogni giorno – riprende Domenico – mettiamo i fiori al capitello della Madonna che si trova da sempre all’incrocio con queste due strade". Sul bancone ci sono alcune uova sode in una ciotola, lungo la parete a destra ci sono il frigo per i gelati e, appesa al muro, una fotografia in bianco e nero. "Quell’immagine è del 1870", dice Riccardo, il papà di Domenico. Ha 86 anni, un’età che nessuno gli darebbe. Al centro dell’immagine c’è il bisnonno, che regge sulle ginocchia una pentola. Attorno a lui, schierati su più file, ci sono i musicisti che fecevano parte della banda del paese. Alcuni guardano verso l’obiettivo, qualcun punta già l’occhio alla pentola pregustando il pranzo alla fine del concerto. "Nel pentolone – riprende Domenico – c’erano delle trippe, allora era il piatto povero della festa, e magari del baccalà. Anche quello un pesce per chi pochi soldi aveva proprio in fondo alla tasca". Adesso il baccalà costa invece un occhio della testa e quando lo servono in alcuni ristoranti sembra sia proprio una specialità da vip. Così non era all’epoca del bisnonno Carlo. "Adesso quando senti la parola trattoria già pare un ristorante di lusso, ricercato – riflette Domenico –, quando la mia famiglia ha iniziato era una stanza, un bancone ed un tavolo dove trovavi un po’ di tutto, un bicchiere di vino e magari il sale che veniva venduto avvolto in un cartoccio di cartone". Tanto tempo è passato ma, forse sarà stata la Madonna e i fiori che la mamma di Domenico mette nell’ombra del capitello, in quell’incrocio a Ca’ Cappello nulla sembra essere cambiato. Solo il rumore delle auto che puntano verso il mare. Una volta il passaggio dei turisti era ancora molto rado, adesso nel fine settimana su quelle spiagge si riversano migliaia di persone che vanno in cerca di località un po’ fuori dalle mete più gettonare. Adesso anche il Delta del Po è diventato uno degli itinerari più battuti, ma qualche località almeno durante la settimana in un certo senso di salva ancora. Tra queste il rifugio ’Il ghebo’, che accoglie i turisti in un’isola ancora dai tratti assolutamente naturalistici. "Ogni anno, d’estate – riprende Domenico – vediamo tornare i turisti, con alcuni di loro si è anche formato un legame. Perché questo è un posto obbligato per fare una sosta, prima di andare in spiaggia. Siamo diventati un punto di riferimento".