Il distretto tessile. I grandi brand a caccia del Made in Carpi: "Il futuro è nel lusso"

Nel dopoguerra l’area di produzione di cappelli di paglia fu riconvertita. Il sistema fa leva su piccole e piccolissime imprese e laboratori. Negli ultimi anni hanno pesato gli effetti di pandemia, guerre e rincari.

Il distretto tessile. I grandi brand a caccia del Made in Carpi: "Il futuro è nel lusso"

Il distretto tessile. I grandi brand a caccia del Made in Carpi: "Il futuro è nel lusso"

di Maria Silvia Cabri

CARPI (Modena)

Carpi è considerata la piccola grande capitale europea del tessile-abbigliamento, del pronto moda, della maglieria e delle confezioni made in Italy. La storia e il successo del suo Distretto del tessile abbigliamento potrebbe ben sintetizzarsi in tre parole – Made in Carpi – che si è consolidato negli anni come sinonimo di garanzia e qualità. Una storia, quella della lavorazione della maglia nella Città dei Pio, che ha radici lontane: l’origine risale storicamente agli anni Cinquanta del XX secolo, quando l’espansione del mercato nazionale ed europeo ha suggerito alle imprese locali di convertire le competenze manuali ed organizzative della lavorazione dei cappelli di paglia (per le quale Carpi era parimenti un’eccellenza) alla produzione di maglie e camicie. La crescita è continuata che nel decennio successivo: gli addetti nel periodo 1951-1961 sono passati da 1.700 a 6.421. E Carpi si è confermata a livello internazionale come ‘capitale della maglieria’, anche grazie a grandi marchi che hanno contribuito a farla conoscere in tutto il mondo: si pensi alla maison Blumarine e alla sua direttrice artistica Anna Molinari, ambasciatrice della moda carpigiana.

La fotografia del Distretto del tessile abbigliamento di Carpi formato dai comuni di Carpi, Cavezzo, Concordia, Novi e San Possidonio. Quest’area territoriale, definita il ‘cuore del distretto’, si caratterizza per avere una elevata concentrazione di occupati nel settore tessile-abbigliamento che è poi, inevitabilmente, cambiata nel tempo. Secondo quanto riportato dal 13° rapporto dell’Osservatorio triennale del Distretto del tessile abbigliamento di Carpi (di fine 2022), promosso dal Comune di Carpi e realizzato dall’Istituto di ricerca carpigiano R&I s.r.l., Carpi costituisce il cuore di un polo produttivo dall’indice di specializzazione altissimo con un’incidenza media degli addetti del tessile-abbigliamento rispetto all’industria manifatturiera pari al 60,9%.

Oltre che per la rilevanza quantitativa della produzione che costituisce il 4% del fatturato nazionale del settore, le attività del tessile-abbigliamento locale si contraddistinguono per l’originalità delle forme organizzative, per l’articolato sistema di piccole e piccolissime imprese indipendenti, e per il particolare intreccio tra aziende produttrici di capi finiti e fornitori di lavorazioni conto terzi. Molte delle maggiori imprese e marchi locali, infatti, per garantirsi una grande flessibilità, appaltano in subfornitura quasi totalmente la propria produzione a laboratori esterni specializzati nei singoli settori e fasi di lavorazione, mantenendo all’interno solo le funzioni di progettazione, scelta dei materiali, logistica, controllo qualità, magazzino e gestione commerciale. Quasi prive di una struttura produttiva interna, molte imprese sono in grado di crescere praticamente senza vincoli e di lanciarsi in progetti nuovi.

A Carpi nascono i capi di maglieria e confezione che le grandi maison progettano e firmano, ma non producono. Come tanti altri settori, anche il Distretto di Carpi è stato in questi ultimi anni alle prese con una crisi di settore, poi acuita dalla pandemia, dal conflitto in Ucraina (essendoci sempre stati forti scambi commerciali fra Ucraina e Russia e il nostro distretto), e ancora il rincaro delle materie prime e del costo dell’energia: tutti elementi che hanno messo a dura prova le imprese del settore. Se le micro imprese (1-9 addetti) rappresentano la maggioranza, ci sono anche i grandi marchi che spiccano, come Liu Jo (che nel novembre 2019 ha acquisito Blumarine mediante la holding Eccellenze Italiane di Marco Marchi, presidente e fondatore di Liu Jo), Twin Set, Gaudì. Ed è proprio al mercato del lusso che le imprese anche di piccole dimensioni devono guardare: "In questo momento di grandi trasformazioni e difficoltà – afferma Roberto Guaitoli, presidente della categoria moda Lapam su Carpi e presidente nazionale della categoria abbigliamento, nonché amministratore unico di ‘Collezioni Srl’ (azienda di intimo e mare che produce per il marchio ‘Cosabella’, per ‘Journelle’ e altri) – varie aziende si sono ‘trasformate’ e lanciate su settori più profittevoli che ne permettono la permanenza sul mercato. Il settore è quello del lusso: certo, un mondo più complicato, che pretende molto ed esige risposte a tutte le richieste, dal tessile al prodotto finito, ma ottenere la certificazione di altissima qualità è una garanzia spendibile. Prodotti di nicchia, anche a livello di laboratori che sviluppano i prototipi per i marchi importanti o che garantiscono tagli specializzati con esperienza artigianale".

Concorda sul punto Gloria Trevisani, presidente di CNA Federmoda Modena e titolare di ‘Crea-Si’: "Per restare sul mercato occorre garantire un servizio (ricamatori, stiratori, stamperie, accessori), e puntare al mercato del lusso: sono tante le grandi aziende che vengono nel nostro Distretto a cercare parti del prodotto o il prodotto finito. Altro elemento è la tracciabilità: il cliente sa tutto di un capo dall’inizio alla fine. E la nostra filiera garantisce un prodotto pienamente tracciabile".