La notte dei fuochi: "Quando da ragazzini facevamo la sentinella alla catasta di legna"

Il 18 marzo si consumerà il tradizionale rito di San Giuseppe . Edmo Vandi racconta quelle sere di tanti anni fa nei quartieri .

La notte dei fuochi: "Quando da ragazzini facevamo la sentinella alla catasta di legna"

La notte dei fuochi: "Quando da ragazzini facevamo la sentinella alla catasta di legna"

San Giuseppe accende il grande falò la sera del 18 marzo nella spiaggia libera davanti piazzale Roma. Si partirà con l’intrattenimento per i bambini al tramonto, per proseguire con uno spaccato di storia sui falò. Seguirà l’accensione e la festa con musica e danze. Ma come si viveva questo rito in passato? Ne parla giornalista Edmo Vandi, oggi novantenne, custide della tradizione locale.

"Le fogheracce, che secoli fa avevano una tradizione pagana, a Riccione non erano grandi ma molto suggestive. In Paese se ne faceva una in ogni strada, al mare se ne contavano poche. La più grossa si accendeva accanto alla chiesa Mater Admirabilis, un’altra all’Alba, sempre organizzate dai ragazzi delle parrocchie".

Cosa si bruciava?

"Le cose che non servivano più, vecchie sedie, scatole di legno, i rami delle potature. Era una gara tra chi li faceva più grossi. Proprio per questo motivo, quando la catasta della legna diventava consistente, per evitare che qualcuno della concorrenza passando da lì appiccasse il fuoco prima del tempo e facesse saltare la serata, si ingaggiava una sentinella a guardia del falò".

Che significato avevano agli occhi dei più giovani?

"Per noi ragazzi era un’occasione anche per fare la corte alle morose, che nelle altre sere mai e poi mai avrebbero avuto il permesso di rimanere fuori casa fino alle dieci di sera. Non rimanevamo mai nella nostra strada. In gruppi di due o tre andavamo in altri viali, e mentre le persone erano tutte assorte a guardare i falò, arrivando da dietro, facevamo le carezze alle ragazze che si giravano meravigliate".

In quella sera c’erano altre particolari usanze?

"Un tempo in ogni casa, anche a Riccione, c’era un fucile da caccia, perché non servivano particolari permessi. I proprietari preparavano le cartucce a salve e poi sparavano in aria. A un certo punto era un crepitare di colpi di strada in strada. L’altra usanza era il salto delle ceneri che si diceva portasse fortuna. Si tracciava una croce a terra, poi i più coraggiosi saltavano sopra quando il fuoco era ancora acceso, i più fifoni lo facevano a fiamme spente".

Le braci della serata servivano anche a scaldare i letti?

"Le mamme e le nonne arrivavano con lo scaldino che veniva riempito con le braci per scaldare lenzuola e coperte. Questa veniva poi riposta nella struttura in legno, il ‘prete’, composto da due semiarchi, a mo’ di barchetta".

Da quelle antiche tradizioni siamo passati alle feste con dj e spettacoli: cosa rimpiange del passato?

"Adesso la fogheraccia è diventata un ritrovo organizzato, quella di una volta era spontanea e tutta la città veniva invasa da un fumo bianco, illuminata da una miriade di falò fin dal tramonto,. Era un momento particolarmente magico".

Nives Concolino