GIULIA BENEVENTI
Sport

Cesena, magia contagiosa: "La ’Mare’, che emozione"

Giulia Beneventi, cronista del Carlino arrivata da Reggio Emilia a gennaio racconta il suo primo impatto col mondo del calcio bianconero.

Cesena, magia contagiosa: "La ’Mare’, che emozione"

Cesena, magia contagiosa: "La ’Mare’, che emozione"

"”Giocano”, Giulia. Non “giochiamo”: sono loro che giocano".

A questa frase, nelle mie brevi permanenze a Reggio Emilia nell’arco degli ultimi quattro mesi, seguiva sempre una risata. Ironica, sì, ma neanche troppo. Perché se sei una giornalista nata e cresciuta in terra granata e a un certo punto della tua vita gestisci l’edizione sportiva del Carlino Cesena, meglio non tirare troppo la corda. Ci sono cose però che non si controllano e sfuggono ai canoni del credo calcistico, soprattutto per chi non ha mai campato a pane e sport, come la sottoscritta. E’ proprio lì che casca l’asino: quando arriva il tuo amico, Testa Quadra purosangue, che ti chiede se ci sei sabato. “No, sabato giochiamo, sono a Cesena”. Apriti cielo.

Finora ero riuscita a prevedere tante cose della mia vita professionale (che non è sterminata, per inciso: faccio la giornalista da sei anni, la redattrice da circa tre). Ma essere responsabile di un’edizione sportiva no, decisamente non era tra queste. A prescindere dalla città, non rientrava proprio nelle opzioni. Il fatto è che non amo ricredermi, ma amo ancora meno farmi spaventare dagli impegni. Perciò, messa davanti alla proposta, mi sono detta: Cesena sia.

Arrivo all’inizio di gennaio e vengo presa per mano da uno squadrone di colleghi, redattori e collaboratori, che mi spiegano tutto, dalla a alla z - grazie per la pazienza, ne approfitto. La questione non verteva tanto su come impaginare gli articoli, anche perché era l’unica cosa in cui sentivo di avere margine di manovra, riguardava tutto il resto. Riguardava quel mondo che gira attorno a un pallone da calcio, a uno stadio, quell’orbita magnetica che con sé trascina gli umori di una città intera. Un microcosmo che al primo impatto con Cesena sembra potentissimo, poi resti un po’ e ti rendi conto che hai giocato al ribasso: è totalizzante.

Saperlo raccontare in ogni edizione, giorno dopo giorno, non è stato uno scherzo.

Tanto per cominciare ho dovuto fare fronte a un serio analfabetismo tecnico da parte mia. Messo a punto il lessico, o almeno parte di esso, ho potuto alzare gli occhi e guardare un po’ più in là. Fare capolino con la testa dall’area stampa del Manuzzi e osservare una Mare di innamorati bianconeri. Ugole resistenti a qualsiasi temperatura, motivate da una fede tanto pura che può arrivare anche a intimorire, ma che nella vita io forse non proverò mai. O ancora prima, nel tragitto a piedi, dal Montefiore o dalla redazione fino allo stadio: un’altra schiera di tifosi in marcia. Famiglie intere, dai nonni ai nipoti, fidanzati, gruppi di amici. Un’ondata che mitiga l’anima, così come l’Adriatico fa con l’aria. Entrambe le cose non sono mai state nel mio quotidiano, ma sono contenta d’ora in poi di conservare un pezzetto di Romagna nei miei ricordi. Perché sì, era inaspettato, ma è stato B-ellissimo.

E ora, che il mio contratto è finito, mi rimane solo una ‘piccola’ questione da risolvere: come lo dico ai miei concittadini che io, che non ho mai avuto una maglietta della Reggiana in vita mia, ho comprato quella in edizione limitata per la promozione del Cesena? Sapete che c’è, forse mi limiterò a fare spallucce. Certe cose se le spieghi rischi quasi di rovinarle.