Il Covid impatta sugli utili Ma il settore è solido

Il comparto è caratterizzato da un forte gap dimensionale: le prime 4 aziende hanno un fatturato aggregato pari a 12 volte quello di tutte le altre

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di Matteo Bigliardi

e Federico Polini

Nel panorama delle Top 500 bolognesi, il settore delle macchine automatiche rappresenta

storicamente una nicchia composta da 16 società, 3 delle quali si collocano stabilmente tra le

prime 10 della graduatoria generale, essendo capaci di generare ricavi superiori al miliardo di euro. Al suo interno, il settore è altresì caratterizzato da un gap dimensionale che ha raggiunto un livello sempre più marcato nel corso degli anni: il fatturato complessivo delle prime 4 società è pari a circa 12 volte quello delle altre società del campione, così come il totale attivo delle prime è pari a oltre 18 volte quello delle altre 12 e il totale dei dipendenti impiegati dalle prime è pari a quasi 14 volte quelli complessivamente impiegati dalle restanti società del campione.

A livello aggregato, nei precedenti esercizi la crescita dei ricavi e delle performance aziendali delle società di maggiori dimensioni aveva trainato l’intero settore, facendone uno dei più performanti delle Top 500. Nel 2020, esercizio fortemente condizionato dagli effetti negativi della pandemia, la flessione delle società di più grandi dimensioni ha inevitabilmente condizionato l’andamento complessivo del comparto.

Passando all’analisi specifica dei dati 2020, si osserva una contrazione media del fatturato

dell’8,37%, valore decisamente superiore al calo medio rilevato tra tutte le Top 500. Si osserva però che, in termini assoluti, la perdita di ricavi registrata dalle prime tre società, tutte con fatturato superiore al miliardo, rappresenta oltre il 96% della riduzione complessiva registrata dal settore; delle restanti 13 aziende, quasi la metà sono riuscite ad incrementare i propri ricavi nel 2020 nonostante la pandemia e le conseguenti difficoltà verificatesi nell’esercizio.

In termini di redditività, non sorprende la generale diminuzione degli utili, con oltre il 50% delle

aziende del settore che chiude il 2020 con un risultato netto peggiorativo rispetto a quello ottenuto nel 2019. Ciò nonostante, oltre l’80% delle società del campione ha comunque chiuso

l’esercizio 2020 in utile, a dimostrazione che il settore presenta comunque un’ottima redditività, che gli ha consentito di assorbire gli effetti negativi della pandemia.

Ciò emerge anche dall’analisi dei margini economici, dai quali si osservano valori mediani di Ebit ed Ebitda sorprendentemente in aumento, segno che alcune società sono riuscite a reagire meglio e più rapidamente alle difficoltà causate dalla pandemia.

Allo stesso modo il Roi mediano è passato dal 3,9% del 2019 al 4,8% del 2020 e il Ros mediano dal 4,7% del 2019 al 5,8% del 2020, confermando indici reddituali ancora ampiamente positivi e stabilmente superiori ai livelli mediani rilevati nell’intero campione delle Top 500.

Concludendo l’analisi, si osserva che il settore mantiene altresì un rischio finanziario sostanzialmente contenuto, con un rapporto di indebitamento in lieve calo su tutti i quartili e che assume un valore mediano di 1,9, pari a quello rilevato nel 2019. Anche l’incidenza degli oneri finanziari sui ricavi, nonostante il calo di questi ultimi, si conferma sostanzialmente stabile rispetto ai valori osservati nel 2019, con un valore mediano 2020 pari a 0,45% (0,56% nel 2019).