Edy Ongaro intervista, cosa diceva il veneziano morto nel Donbass

L'intervista di oltre 9 minuti risale all'estate 2015 e compare sulla pagina Facebook del Comitato per il Donbass: "L'Europa non serve più a niente, se non cambia, se non ascolta"

Venezia, 1 aprile 2022 - Viveva fuori dagli schemi Edy Ongaro, il 46enne di Portogruaro (Venezia) morto ieri mentre combatteva a fianco degli indipendentisti del Donbass. È stato colpito da una bomba a mano.

Da sempre vicino ai centri sociali veneziani, era in realtà "autonomo" e mai appartenente ad un movimento in particolare. Amava il calcio, era generoso, irrequieto. Dal 2015 combatteva nella regione con il nome di battaglia 'Bozambo'. Per la giustizia italiana era un latitante da quando aveva aggredito una barista e i carabinieri intervenuti, al culmine di un alterco dentro ad un bar.  Eccone un ritratto dalle parole dei suoi amici.

"L'ho sentito tre settimane fa". Nicola Ussardi ha condiviso con lui una 15ina di anni, sugli spalti con gruppo ultras "Rou de France", gruppo vicino ai centri sociali nato alla fine degli anni '90 a sostegno del Venezia Mestre (oggi Venezia Calcio). "Ci sentivamo periodicamente - racconta Ussardi - l'ultimo contatto risale a due, tre settimane fa quando ci aveva annunciato che avrebbe fatto fatica a tenere i contatti perché la situazione si stava facendo sempre più difficile. Eravamo in ansia per lui perché era chiaro che lì in Donbass la situazione non era più come prima".

"Lui stesso percepiva bene le difficoltà e i rischi e sapeva che poteva succedere qualsiasi cosa da un momento all'altro - ha poi aggiunto - non non fece un passo indietro. Il suo e' stato un gesto d'onore come era da lui, che aveva sempre messo gli altri prima di lui". Edy, "uno di quelli che il fucile non sapeva nemmeno come era fatto", era partito nel 2015 per il Donbass "solamene per aiutare la popolazione e per difenderla". "Quando eravamo assieme era una persona incredibile, piena di vita, ogni tanto fuori dagli schermi come eravamo tutti tra i 20 e i 30 anni, ma era di una generosita' incredibile - ha infine concluso - vederlo partire e' stata una decisione difficile e tosta da digerire ma tutti noi amici l'abbiamo sempre stata rispettata perche' era venuta spontanea, di pancia, come sempre stato lui". 

Intervista di Edy Ongaro nel 2015

"Mi chiamo Ongaro Edy, nome di battaglia Bozambo (come un partigiano italiano della Seconda Guerra Mondiale), vengo dalla provincia di Venezia, Giussago di Portogruaro, un piccolo paesino come tanti in mezzo alla campagna. Da due giorni, finalmente, con molto orgoglio, molto onore, posso dire di esser parte della Prizrak, di questo battaglione internazionalista, tra cui mi sento, già dal primo momento, tra compagni e compagne": così si raccontava Edy. L'intervista di oltre 9 minuti risale all'estate 2015 e compare sulla pagina Facebook del Comitato per il Donbass antinazista, che si definisce un "Gruppo italiano a sostegno delle forze che combattono per una Novorossiya libera, socialista, antifascista".  

Edy Ongaro, il 46enne veneziano morto nel Donbas
Edy Ongaro, il 46enne veneziano morto nel Donbas

"Io, liberamente, non avendo nessun peso civile sulle mie spalle, avendo solo me stesso, penso che finché ci sarà aria nel mio corpo, finché il sangue scorrerà, da qui non uscirò mai, la mia scelta è quella di restare qui. Ho già chiesto, sto vedendo per avere la cittadinanza in queste repubbliche, che sto sentendo piano piano sempre più mie, a cui sto dando il mio tempo e la mia voglia di esserci e di fare del bene", ha aggiunto.

 "Il nostro 'zio Sam', il ruolo dello 'zio Sam', beh... l'odore si sente fin qua, dato che siamo a un lembo estremo di questa terra comune e comunista, internazionalista. Il fetore è lo stesso che si sentiva in Italia, in questi ultimi anni di crisi pilotate. In Africa fanno i golpe, i colpi di Stato, invece da noi siamo più raffinati, siamo più avanti, più civili, noi facciamo i governi tecnici", ha affermato, a una domanda sul ruolo degli Stati Uniti.  "L'Europa, l'Europa, l'Europa. L'Europa non serve più a niente, se non cambia, se non ascolta, se non la finisce di calpestare come sta facendo qui, qui veramente.. Quello che hanno fatto in Jugoslavia, non è niente in confronto. Mettere i popoli fratelli, fratelli sullo stesso suolo, uno contro l'altro", ha aggiunto.

"Mio padre mi raccontava 'Sono più quelle che ho prese che quelle che ho dato', ma senza mai fare un passo indietro" conclude con gli occhi lucidi.