Capannina, ordinanza di demolizione. Pazzaglia non molla: "Impugnerò"

"Abusi edilizi insanabili". Il Comune riavvia l’iter sospeso nel ‘79

Pazzaglia con Denny Mendez

Pazzaglia con Denny Mendez

Bologna, 29 novembre 2016 - E alla fine si torna alle origini. A quell’ordinanza di demolizione del 1979 rimasta ‘congelata’ in attesa che la battaglia legale con la proprietà della discoteca Capannina finisse. Fino a ieri, quando Palazzo d’Accursio l’ha rinotificata a Paolo Pazzaglia, titolare della Giulia srl che possiede il locale in via San Vittore. L’ordine è perentorio: demolire entro 90 giorni tutti gli abusi edilizi che, nel tempo, avevano portato il locale a misurare 450 metri quadrati. E mentre il Comune scrive il suo finale con una nota in cui sostiene che «dopo cinquant’anni si chiude la battaglia legale», è Pazzaglia a delinearne uno diverso e contrario: «Certamente impungnerò. Loro fanno la loro gara, io faccio la mia». E nella ‘sua’ gara una parte da protagonista la farà certo una cospicua richiesta di risarcimento danni, perché «è dal ’74 che va avanti questa storia». E, dopo la richiesta di condono del 1985, è pur sempre stato Palazzo d’Accursio a metterci 10 anni a inoltrare la pratica alla Soprintendenza che la bocciò per incompatibilità con il vincolo di tutela paesaggistica sui Colli.

A riaprire la partita è stata la sentenza del Consiglio di Stato di febbraio che, come anticipato dal Carlino, aveva sancito l’impossibilità di procedere a sanatoria degli abusi. Una sentenza definitiva, che ribadiva la stessa conclusione del Tar del 2009. «Arrivati a questo punto l’amministrazione non ha scelta – fa sapere il Palazzo –: occorre procedere con al demolizione dell’abuso, quindi il ripristino dello stato dei luoghi, a conferma che il fine prioritario dell’attività del Comune è la tutela del territorio, in particolare quello collinare, assogettato ai dettami del Codice dei beni culturali e del paesaggio».

Dall’ordinanza Pazzaglia ha tempo 90 giorni per demolire tutto, altrimenti «sarà il Comune a eseguire la demolizione, rivalendosi per le spese su chi ha compiuto l’abuso». Ma Pazzaglia ha anche tempo per impugnare l’atto. «Lei cosa farebbe – chiede ironico al telefono –? Il Comune fa la sua gara, io la mia. E sono piuttosto nervoso, perché è dal ’74 che va avanti tutto questo. Entro i 60 giorni previsti presenteremo le nostre controdeduzioni». Di una cosa Pazzaglia è certo: «Se dovrò pagare, sarò il primo a prendere il piccone in mano, ma credo che qualcosa dovrà pagare anche il Comune. Ho piena fiducia nei miei legali e a troppe nostre domande il Comune non ha risposto».

Intanto la discoteca resta aperta e se il nome Capannina non basta a dire cosa Pazzaglia ha rappresentato per la città, è lo stesso patron a racchiuderlo in «sei ville in costruzione, una torre con la mia iniziale, 120 appartamenti là vicino e un Despar. Qualcosa per questo Comune io l’ho fatto».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro