La madre del terzo attentatore di Londra vive nel bolognese

Youssef Zaghba, figlio di padre marocchino e madre italiana, era iscritto all'anagrafe in Valsamoggia. La Procura: "Non c'erano prove che fosse un terrorista"

Gli attentatori di Londra: Khuram Shazad Butt, Rachid Redouane e Youssef Zaghba (Dire)

Gli attentatori di Londra: Khuram Shazad Butt, Rachid Redouane e Youssef Zaghba (Dire)

Bologna, 6 giugno 2017 - Si chiama Youssef Zaghba, ha 22 anni, ed è considerato dalle autorità britanniche il terzo attentatore che, sabato scorso, ha gettato Londra nel panico con gli attacchi simultanei al London Bridge e a Borough Market. Ed è, soprattuto, figlio di una donna italiana che vive in provincia di Bologna. La donna sarebbe convertita all'Islam, la religione del marito: la donna pare che sia tornata in Italia da un anno e mezzo, dopo che si era interrotto il rapporto con il marito, rimasto in Marocco.

I vicini di casa descrivono la madre di Zaghba come una donna di poche parole e riservata, e confermano che porta il velo. "L'ho sempre visto come un bravo ragazzo, poi però con le persone bisogna starci in mezzo...", commenta una lontana parente di Zaghaba. "Parlava poco - aggiunge - e anche la madre non parla molto. Lui era un po' che era andato via e saranno già tre mesi che non si vedeva. Ha detto che andava a Londra perché trovava da lavorare".

Da oltre un anno, Zaghba era iscritto all'Anagrafe italiana dei residenti all'estero del comune di Valsamoggia (Bologna), come confermato dal sindaco, Daniele Ruscigno: "La famiglia risulta residente in una frazione di Castello di Serravalle. Sono stati tanti anni in Marocco e il ragazzo potrebbe essere rientrato nel territorio solo in transito tra il Marocco dove viveva e Londra. Di fatto non ha mai vissuto qui". Fonti diplomatiche sottolineano che, in base agli atti, Zaghba si è iscritto all'Aire (Anagrafe italiani residenti all'estero) a Casablanca, in Marocco, fino al marzo 2016. Poi risulta rientrato a Castello di Serravalle. Mentre a Londra, dove pure pare abbia vissuto negli ultimi mesi, non si sarebbe mai registrato.

"L'unico membro della famiglia che ha vissuto qui è la madre che era conosciuta, ma da diverso tempo non si vedeva in giro - ha aggiunto Ruscigno -. Anche lei ha vissuto diverso tempo all'estero. Sul figlio non avevamo ricevuto nessuna informativa proprio perché residente all'estero".

Sul campanello della villetta dove abita la madre di Zaghba, c'è anche il nome del figlio morto. Dalla casa della donna, non risponde nessuno.

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Zaghba, ucciso dagli agenti di polizia inglesi insieme con gli altri due attentatori, era nato a Fez, in Marocco, nel 1995, da padre marocchino e madre italiana. Il 15 marzo del 2016 era stato fermato all’aeroporto Marconi dalla Polaria con un biglietto per sola andata per Istanbul, uno zaino e pochi soldi: il cellulare gli era stato sequestrato e, al suo interno, erano stati trovati alcuni video di contenuto religioso, alcuni dei quali inneggianti all’Isis. A seguito di questo episodio era stato segnalato come sospetto ‘foreign fighter’ negli archivi internazionali. Scotland Yard ha però dichiarato che Zaghba «non era soggetto di interesse della polizia o dell’MI5 (il servizio segreto di Sua Maestà; ndr)».

La polizia perquisì anche l'abitazione della madre di Zaghba, senza trovare alcun elemento d'interesse investigativo. In quell'occasione però la donna si mostrò molto preoccupata per il comportamento del figlio e decise di collaborare con le forze di polizia. Da quel momento, la Polizia di Prevenzione ha monitorato Zaghba ogni volta che è venuto in Italia.

La madre era convinta che il giovane fosse a Londra a lavorare e non era a conoscenza di altre iniziative. Quando fu bloccato al Marconi, lei stessa implorò gli inquirenti di non farlo partire: era molto preoccupata per alcuni discorsi 'strani' che aveva iniziato a fare.

IL PROCURATORE AMATO - Quando fu fermato "all'operatore che lo controllò, disse che voleva fare il terrorista. Poi si corresse. Gli fu sequestrato l'apparecchio, ma non c'erano, secondo il tribunale del riesame, i presupposti per ravvisare la sussistenza di un reato e ne ordinò la restituzione, e non si è potuto esaminare integralmente il contenuto di questo apparecchio informatico". Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha riferito a Radio 24 elementi sul fermo nel 2016 di Zaghba. Amato ha aggiunto che "fu segnalato a Londra come possibile sospetto": "In un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare - ha detto il procuratore, secondo quanto riporta Radio 24 - ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista, era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".

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