Logistica, formazione e buon cibo. "Multinazionali, venite a Bologna"

Premio Mascagni. Il manager di Wellspect Healthcare: "Qui il mix perfetto" di Simone Arminio VIDEO L'intervista

Bologna, Maurizio Cevenini della Wellspect Healthcare

Bologna, Maurizio Cevenini della Wellspect Healthcare

Bologna, 22 luglio 2014 - Puntare sulla soddisfazione dell’utente finale, ma attenti anche alle necessità di chi paga. E tenendo conto che, di questi tempi, i due punti di vista potrebbero non coincidere. È il crinale su cui si muovono le aziende di forniture mediche oggi. Un argomento noto alla Wellspect Healthcare, multinazionale svedese che 15 anni fa, con il general manager Maurizio Cevenini (guarda la video intervista), scelse Casalecchio per come sede italiana.

Cevenini, ma perché non Milano?

"È una questione di maggiore cura".

Così è vago.

"Per cura intendo l’attenzione quotidiana nei confronti delle persone, l’accoglienza, la preparazione. Sarò campanilista, ma Bologna oggi è tra le poche città a offrire il giusto connubio tra centralità geografica, logistica, eccellenza nella formazione e capacità di relationship. E poi c’è il cibo".

Cosa c’entra il cibo, scusi?

"C’entra. Vede, la sede nazionale di un’azienda internazionale è soprattutto un luogo di incontri, di riunioni e rendez-vous ciclici tra gli agenti commerciali in giro per il Paese, i dirigenti provenienti dalla sede centrale e poi clienti, esperti, ricercatori, relatori di congressi e docenti di corsi d’aggiornamento. È fondamentale, perciò, che oltre che comoda e attrezzata, sia in un posto accogliente".

Bologna lo è?

"Buon cibo, giovialità, arte, cultura... giudichi lei. La soddisfazione che leggo sulla faccia di chi riparte mi gratifica delle lotte che feci, nel 1999, perché la sede italiana nascesse qui".

Fu solo campanilismo?

"No, per prima cosa ci fu un dato concreto: le persone più competenti, professionalmente parlando, le avremmo trovate qui. E infatti il team è rimasto lo stesso da allora".

Di cosa vi occupate?

"Commercializziamo dispositivi medici. Il principale è Lofric. Un innovativo catetere a intermittenza".

Cosa può esserci di innovativo in un tubicino di plastica?

"Tutto. E consideri prima di tutto che l’argomento, per chi ne è costretto all’uso, investe due importanti sfere personali: la salute e la dignità. Ecco, la forza di Lofric, il nostro prodotto di punta è stata quella di lavorare fin da subito su entrambi".

In che modo?

"Pensi a una persona che, per un trauma o malattia, ha perso la possibilità di urinare. Per farlo deve ricorrere a un catetere, il cui uso può risultare doloroso e umiliante. Noi lavoriamo su entrambi gli aspetti: con un packaging curato e discreto, un design che permette di non toccare mai il catetere, e il comfort di un sistema di lubrificazione istantaneo che riduce al minimo la frizione. Eliminando sia l’imbarazzo che il rischio di infezioni".

Ci dev’essere un punto debole.

"Sì, la spending review".

Vi ha colpiti?

"La ristrettezza economica ha indirizzato i sistemi sanitari regionali e quello nazionale a indire gare centralizzate che non guardano più alla qualità e alla vita degli assistiti ma al prezzo".

Come avete reagito?

"Facendo capire che un prodotto scadente non assolve alla missione primaria: migliorare la vita ai pazienti".

Non attacca: c’è crisi.

"Guardiamo all’aspetto economico, allora. Le abrasioni e le infezioni causate dai cateteri scadenti non tornano a incidere sul sistema sanitario? Meglio pensarci prima, allora. Meglio prevenire".

Simone Arminio

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