Marocchini espulsi, l'imam della Pallavicini: "Sono credenti convinti"

L’Imam della moschea di via Pallavicini: "Nessuno strano segnale"

I frequentatori della moschea di via Pallavicini. Il centro è frequentato  da circa mille persone

I frequentatori della moschea di via Pallavicini. Il centro è frequentato da circa mille persone

Bologna, 25 novembre 2015 - Credenti e assidui frequentatori della moschea. Per chi prega nel centro di cultura islamico di via Pallavicini i quattro espulsi perché accusati di addestramento ad attività con finalità di terrorismo sono volti conosciuti. Lo racconta l’Imam Said Maody. «Li ho visti tutti e quattro per 12 anni: venivano spesso a pregare qui, anche se Abdelali Bouirki erano tre anni che non si faceva più vedere – spiega –. Sono rimasto molto sorpreso quando ho letto i giornali».

L’Imam ricorda come l’altro giovane espulso, Mourad El Hachlafi, residente ad Anzola, fosse spesso in prima linea nella preghiera del venerdì. «Veniva spesso – spiega – per leggere l’annuncio del venerdì perché era bravo, aveva una bella voce». Credenti convinti, che però non avevano mai destato preoccupazioni all’interno della comunità, nessuno, stando alle testimonianze dei fedeli di via Pallavicini, aveva mai cercato di coinvolgere gli altri in attività di propaganda al jihad. «Con Abdelali Bouirki a volte avevamo discusso su questioni legate alla preghiera in moschea, ma mai nulla più di questo. Questo è quello che si vedeva da fuori – precisa l’Imam –, quello che poi fanno le persone sul proprio computer noi non lo possiamo sapere».

Del resto, assicura l’Imam, «se fossi venuto a conoscenza di proselitismi sarei io stesso andato a denunciare queste persone alla polizia: noi qui insegniamo come comportarsi per essere dei bravi musulmani e chi compie gesti come quelli di Parigi per me non è da considerare musulmano». Ieri, in quella che è la principale moschea tra le otto della città gestite dalla comunità islamica e punto di riferimento per tutti i fedeli, era un giorno di preghiera come tanti alti.

All’ora del rito del tramonto, alle 17, erano una quindicina le persone di fede musulmana che si sono presentate una dopo l’altra all’interno della sala di preghiera. Un lungo tappeto per accogliere i piedi scalzi dei fedeli, in una sala spoglia adibita a luogo di culto, perché una vera moschea in città non esiste. Qui credenti da tutta Bologna vengono a pregare in cinque momenti della giornata. L’appuntamento più affollato è quello del venerdì, dove si radunano in una cinquantina.

«Sono circa un migliaio le persone che frequentano questa moschea – spiega Adel Deeb, il direttore –. Anche se di volto possiamo riconoscerci, non è possibile conoscere tutti di persona, sapere cosa fa ciascuno nella propria vita privata». Dal giorno degli attentati di Parigi il processo di integrazione che il centro di cultura cerca di portare avanti si sta facendo più complicato. «Il nostro compito è quello di favorire l’integrazione – continua il direttore –. Noi siamo ospiti in questa città e i nostri bambini saranno italiani, il nostro scopo è far sì che possano condurre una vita serena».

 

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