Va via da casa e la ritrova occupata

Bolognina, l'episodio in un appartamento Acer: dentro ora c'è un'intera famiglia straniera

Bologna, via Zampieri 13 (FotoSchicchi)

Bologna, via Zampieri 13 (FotoSchicchi)

Bologna, 7 agosto 2014 - Torna a casa dopo un paio di settimane e la trova occupata da una famiglia di colore che si barrica all’interno e apre solo all’arrivo della polizia. Succede in un appartamento Acer in via Domenico Zampieri 13, alla Bolognina.

Lui è Gianni (Giovanni all’anagrafe) Ghelardi, 73 anni, titolare del contratto di assegnazione dopo essere subentrato alla madre. L’altro giorno verso le 14 è tornato a casa, ma ha trovato la porta chiusa con una nuova serratura. "Le mie chiavi non aprivano più", racconta. Così ha chiamato la polizia e ha denunciato l’accaduto. "Dentro non c’erano più i miei mobili e mancavano tutti i miei oggetti — dice —. È stata portata via ogni cosa, ogni traccia di me, anche i quadri e le foto di mia madre. È assurdo".

Ghelardi viveva alla Bolognina con la madre, scomparsa da poco, dal 1951. "Quell’appartamento — spiega — ci è stato dato dopo che la nostra casa a Monte Sole è stata bruciata durante la guerra. Dopo varie peregrinazioni siamo arrivati in via Zampieri. Nel periodo estivo mi assento spesso per stare a Grizzana Morandi, dove gestisco un’attività agricola. Poi ho subito undici interventi chirurgici, ho dei problemi alla schiena e per questo ultimamente ho evitato di guidare e non sono tornato a casa per un po’. Un amico mi ha preso la posta, ma non è mai entrato in casa. L’altro giorno ho fatto la scoperta. Mi sembra ancora impossibile che sia successo a me".

Intorno alle 14 il settantatrenne ha inserito la chiave, ma la porta non si è aperta. «Dall’interno ho sentito delle voci — racconta —, e mi sono allarmato. Ho bussato con forza e urlato di aprire, ma senza risultati». Così ha chiamato il 113. «Sono arrivate due pattuglie e i poliziotti si sono fatti aprire». All’interno c’era una donna africana con tre bambini. «La mia casa era vuota — aggiunge Ghelardi —. Mancavano i mobili, il frigorifero, i mie vestiti, una poltrona, le posate e tutte le mie fotografie e i libri. Il vetro di una finestra era rotto e coperto con un cartone, credo siano entrati così e l’ho indicato alla polizia».

A quel punto il settantatreenne, dopo la denuncia alle forze dell’ordine, ha deciso di rivolgersi al Comune e all’Acer. «Sono rimasto sconvolto perché quelle persone risultavano residenti in casa mia — sottolinea —. La signora ci ha anche spiegato che era entrata regolarmente, mandata da un amico che in zona cerca case da occupare tanto che aveva in mano e ci ha mostrato una carta del Comune sulle modalità con cui è stata concessa la residenza in casa mia». Ieri ha presentato un’istanza di accesso agli atti in Comune: «Voglio capire come sia stata concessa la residenza a quelle persone. Quali documenti hanno presentato? Mi devono delle risposte».

In via Zampieri 13 sul campanello del citofono è stata attaccata un’etichetta che copre il nome di Ghelardi e quello della madre. E ne riporta altri due, stranieri. «So che al piano rialzato vive un signore con la madre anziana — dice un inquilino del primo piano —, ma non li vedo da tanto. L’altro giorno poi ho visto che in quell’appartamento entrava un signore nero con dei bambini, credo sia del Camerun». Ghelardi non si dà per vinto. «Lì dentro c’era tutta la mia vita — conclude —. La legge non può permettere una cosa del genere».

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