Gli scheletri di Roversano? I residenti: "Fascisti passati per le armi"

L’ipotesi sulle ossa umane riaffiorate

Parti di scheletri umani rinvenuti a Roversano sul luogo della frana (foto Luca Ravaglia)

Parti di scheletri umani rinvenuti a Roversano sul luogo della frana (foto Luca Ravaglia)

Cesena, 13 aprile 2015 - In paese e nelle campagne circostanti se ne parla sottovoce: dalla fine della Seconda guerra mondiale sono passati settant’anni, ma ancora oggi certi argomenti non vengono affrontati a viso aperto. Da venerdì scorso, quando la frana della rupe sulla quale si erge il borgo ha portato alla luce ossa di alcuni scheletri umani probabilmente risalenti alla Seconda guerra mondiale, la voce è insistente: potrebbe trattarsi dei resti di alcuni fascisti della zona che avevano aderito alla Repubblica di Salò.

Dopo la disfatta del Fascismo, ci fu chi pensò bene di regolare i conti in via diretta, senza tante cerimonie. Così anche a Roversano e dintorni alcune persone sparirono e non se ne trovarono più tracce. La voce che fossero stati uccisi e sepolti in zona c’è sempre stata (sotto l’abitato del borgo medioevale di Roversano ci sono numerosi cunicoli e anfratti) e ora, col ritrovamento delle ossa umane, è tornata a farsi sentire in modo distinto.

Per sapere qualcosa di più preciso sarà necessario attendere alcuni giorni, quando la dottoressa Ivana Tomasini, direttrice del Dipartimento Patologia Clinica e Medicina Trasfusionale di Ravenna dell’Ausl Romagna, sarà in grado di fornire notizie con buona approssimazione al sostituto procuratore Michela Guidi, titolare del fascicolo sul ritrovamento delle ossa.

Che l'argomento ‘fascisti spariti nel dopoguerra’ non sia facile da affrontare anche ai giorni d’oggi è risaputo. Nel 2007 il giornalista Giampaolo Pansa fu invitato a Cesena dal Rotary Club per presentare il suo libro Il sangue dei vinti, ma fu ‘consigliato’ a rinuncianre alla presentazione insieme a quelle già programmate a Carpi e Mantova, per evitare problemi di ordine pubblico.

Si sente parlare poco anche dell’eccidio che avvenne all’interno del carcere della Rocca nella notte tra l’8 e il 9 maggio. Secondo la ricostruzione effettuata dal giornalista Piero Pasini anche sulla base del rapporto dei carabinieri, in una cella si trovavano circa 20 persone (il numero esatto non si saprà mai); durante la notte alcuni individui scalarono le mura, sequestrarono i due carcerieri facendosi dare la chiave del ‘camerone’ dove erano i reclusi e su di essi scaricarono i loro fucili mitragliatori. I responsabili dell’uccisione dei carcerati nella rocca non furono mai identificati, come rimasero senza nome anche coloro che linciarono Aurada Gridelli, avvenuto nel pomeriggio precedente: la donna, vedova di un tenente dei ‘Battaglioni M’, le unità d’élite della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale italiana durante la seconda guerra mondiale, aveva compiuto da poco 22 anni ed era incinta. Fu prelevata dalla sua abitazione di Porta Fiume con l’accusa di essere una spia fascista, portata verso la rocca di Cesena tra due ali di folla, colpita con calci e pugni e fu uccisa a colpi di pistola davanti l’ingresso del carcere su un piazzale di cemento che ricopre un serbatoio dell’acquedotto comunale.