Meis a Ferrara, tra i segreti della nuova mostra. Attesa per Mattarella

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L’allestimento della mostra che si inaugura mercoledì (foto Marco Caselli Nirmal)

L’allestimento della mostra che si inaugura mercoledì (foto Marco Caselli Nirmal)

Ferrara, 10 dicembre 2017 - Sarà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mercoledì alle 17.30, a tagliare il nastro inaugurale della grande mostra «Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni», allestita nei nuovi padiglioni del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah. Evento nell’evento, l’apertura dell’esposizione in contemporanea con quella del primo, corposissimo, lotto dei lavori che porteranno il Meis alla forma definitiva entro la fine del 2020. Già in mattinata, per la preview riservata alla stampa nazionale e internazionale, ci sarà il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, assieme ai curatori della mostra, al presidente del Meis Dario Disegni e la direttrice Simonetta Della Seta. Presente anche Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche

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La gigantesca riproduzione del bassorilievo dell’arco di Tito, con la raffigurazione degli inservienti che avanzano coi fercula (le portantine su cui sono posti gli oggetti portati via dal tempio di Gerusalemme), da sola ha richiesto un’attenzione meticolosa. Non da meno, l’allestimento degli altri capolavori esposti nella grande mostra che mercoledì sarà inaugurata al ‘nuovo’ Meis dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rappresenta una sfida per i curatori e le imprese.

La prima, è quella di evocare e al tempo stesso far dimenticare il vecchio carcere di via Piangipane: edificato nel 1912, dismesso all’uso penitenziario nel 1992, esattamente dieci anni dopo è stato proposto a sede del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah. Già nel corso dei vari sopralluoghi al cantiere, svolti negli ultimi mesi, si è visto come il progetto del Meis abbia, con il proprio spirito, plasmato e riforgiato le stesse pietre. L’aspetto esterno è quello del blocco della prigione, ora però la grande mostra dedicata ai primi mille anni della storia degli ebrei in Italia, non lascerà che l’evocazione di celle e ballatoi.

L’attenzione dei visitatori (da giovedì 14, giornata in cui l’accesso sarà gratuito proprio per celebrare la nascita del primo grande blocco espositivo del Meis) sarà infatti catturata dalla ricchezza e dalla suggestione delle opere, incastonate in un percorso progettato dallo studio Tortelli-Frassoni di Brescia. Un viaggio in cinque ‘quadri’, pensato come un viaggio, non solo ideale ma innanzitutto fisico, nel tempo e negli spazi della presenza ebraica nel nostro Paese; e scandito da statue e busti, manoscritti, epigrafi, documenti, lanterne, gemme e altre opere. Tra le più preziose, nell’anticipazione si fa riferimento a sette incunaboli e cinquecentine, diciotto documenti medievali, provenienti in gran parte dalla Genizah del Cairo.

Ma prima di essere svelata, mercoledì, alla stampa e alle autorità, e l’indomani aperta al pubblico, mostra e ‘nuovo’ Meis (la cui versione definitiva, e compiuta, è prevista entro la fine del 2020), sono ancora nelle mani alacri di operai e allestitori. Uno dei connotati distintivi del cantiere, è sicuramente rappresentato dall’impegno delle maestranze chiamate a concretizzare la prima, vasta, parte del progetto degli studi Arco (Bologna) e Scape (Roma). 

Un progetto che fra tre anni si concluderà, con la realizzazione dei padiglioni a forma delle pagine della Torah. Ma non corriamo: alla città, ai promotori e all’intero, dinamico, staff del Meis, conviene assaporare questo primo evento. Che rappresenta, come scrive uno dei curatori (Daniele Jalla), «un vero banco di prova per un museo in costruzione, da tutti i punti di vista della sua esistenza e identità futura». 

Perciò, mentre all’interno si dispongono le opere, si ritoccano i particolari delle riproduzioni delle catacombe, si affiggono i cartelli con le didascalie, anche all’esterno fervono gli ultimi lavori. Sulla facciata dell’ex carcere, dal Giardino delle Domande, è già ben visibile anche il nuovo logo del museo, ideato dalla Teikna della designer milanese Claudia Neri. Contrappunto moderno della grande menorah stilizzata, che troneggia sull’ingresso della palazzina di via Piangipane.