Caso Camelot, ecco i primi indagati

Trema la macchina dell’accoglienza migranti. Sono due dirigenti del Comune. L’ipotesi di abuso d’ufficio

Le indagini della guardia di finanza (foto archivio Businesspress)

Le indagini della guardia di finanza (foto archivio Businesspress)

Ferrara, 21 ottobre 2016 - DUE dirigenti del Comune indagati per l’affaire Camelot. L’ipotesi di reato, formulata dal sostituto procuratore Stefano Longhi, secondo quanto trapela è abuso d’ufficio. È la prima svolta nell’inchiesta partita a poche settimane dal ‘pasticciaccio’ che, nell’agosto del 2015, vide la revoca dell’appalto per la gestione dei richiedenti asilo alla cooperativa di via Fortezza. Un altolà arrivato anche a seguito di una lettera dell’autorità anticorruzione (Anac) che aveva contestato le modalità di assegnazione dell’incarico. Oggi, a oltre un anno dalla deflagrazione del caso, la procura passa all’attacco.

La notizia dei primi avvisi di garanzia era attesa da settimane, ma per i diretti interessati è un fulmine a ciel sereno. Uno degli indagati, contattato in serata dal Carlino, ha giurato «di non saperne ancora nulla». Nelle prossime ore sarà possibile avere informazioni più dettagliate sulle pieghe di un’inchiesta che ha fatto tremare i pilastri della macchina dell’accoglienza e i cui sviluppi fanno capolino proprio nel clou dell’emergenza immigrazione.

Il caso Camelot scoppia nell’agosto del 2015. Il Comune all’improvviso revoca alla cooperativa l’appalto per il servizio ‘Sprar’ di accoglienza migranti. Il motivo della decisione, sta dietro a una lettera firmata dal numero uno dell’Authority, Raffaele Cantone, il quale contesta l’assegnazione diretta del servizio alla coop di via Fortezza.

La procedura, secondo l’Anac, non si sarebbe svolta in un regime di libera concorrenza. La notizia dello stop scatena il putiferio. La polemica si sposta sul livello politico e vede l’assessore ai servizi sociali Chiara Sapigni finire nell’occhio del ciclone. È il sindaco Tiziano Tagliani, dopo alcuni giorni di fuoco ad alzare lo scudo sull’operato dell’amministrazione. Il clamore politico cessa e nel silenzio iniziano a lavorare gli inquirenti. Il procuratore capo Bruno Cherchi vuole vederci chiaro e apre un fascicolo, affidato poi al sostituto Longhi. All’epoca Tagliani si augurò che tutto si svolgesse «in tempi veloci, per dimostrare la correttezza del nostro lavoro». Ma su questo fronte, per la procura, ci sono ancora molte cose su cui gli attori della vicenda devono fare chiarezza.