«Posto fisso? Preferisco la vita del contadino»

La scelta di vita di Stefano Fabbri: «In azienda stavo morendo dentro»

Stefano Fabbri

Stefano Fabbri

Ferrara, 15 febbraio 2018 - DAL CIELO di lamiera al cielo, quello vero. Stefano Fabbri di Bondeno – fratello del leghista Alan Fabbri – ha cambiato vita. «Dopo 13 anni di fabbrica – racconta – mi sentivo morire dentro». E allora ha preso il pennello e ha deciso di ridisegnare la sua vita seguendo un sogno. Quale? «Fare il contadino, come mio padre e mia madre. Svegliarmi la mattina, aprire la finestra e guardare la campagna di Burana». Quando chiedi a un 32enne perché ha deciso di tornare alla terra la tentazione di canticchiare Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano è forte come un brandy davanti al camino. E una casa un po’ fuori città... Burana la è. «Oh – dice – un po’ strano mi sento. Ero abituato agli orari fissi. Adesso no. Sento quella cosa che chiamano felicità». E la felicità di un 30enne la puoi anche calcolare con le unità di misura della creatività. Da un lato il romanticismo dell’identità e il senso del ritorno alla terra dei padri. Dall’altro la voglia di farsi largo in un settore, l’agricoltura, dove per i piccoli lo spazio vitale è grande come la gabbia di un criceto. «Per i giovani contadini – spiega – oltre alle agevolazioni per i primi anni di attività, a mio avviso conta il sapersi innovare». Che per Fabbri non è una scatola vuota da campagna elettorale ma un’idea da campagna, vera.

«ABBIAMO PIANTATO l’orzo per produrre una nostra birra artigianale». Il nome per ora è top secret, ma è impossibile non vedervi, in controluce, il sogno di legare l’impresa da mastro birraio a quella cosa lì – il Bundan – che è un po’ l’universo di senso in riva al Po. Fino a pochi anni fa i ‘cittadini’ guardavano come fossero degli alieni quei giovani con scarpe grosse e calli da zappa sulle mani. «Non è più così. E non per un ritorno ideale tra la natura ma perché la campagna, oggi, rappresenta l’alternativa concreta al precariato e alla disoccupazione». Restiamo al rapporto tra giovani e giovani contadini. Una ragazza come si ‘approccia’ al giovane agricoltore? Sgomento, fascino? «La reazione più comune è lo stupore nei confronti di un ragazzo che vive tra la natura». Campagna come fonte di sostentamento, tentativo di impresa ma anche scelta politica. «Politica – specifica Fabbri – nel senso che si riscoprono le nostre origini. Non solo dal punto di vista familiare ma anche di comunità». E una filiera che più che a chilometro zero è a metro familiare. «Perché c’è il lavoro nei campi – ragiona il contadino – poi le cose le devi anche vendere. La mattina con mio padre e mia madre andiamo a vendere i prodotti nelle varie piazze». Dalla terra alla mano di un consumatore che, a differenza del web, conosci e vedi. «Attorno alle cose di campagna – pensa Fabbri – ruota la comunità». Fatta di affari, rapporti umani non rinchiusi in una scatoletta di plastica (il cellulare) e colorata di cose pratiche. «Come andare a spasso per i campi con il mio cane». Allora più che Celentano tocca canticchiare Le allettanti promesse di Lucio Battisti.