Omicidio di Fossanova, la sopravvissuta: "Vivo ancora l'incubo"

Intervista a Raffaela Pareschi: "Tra pochi giorni mi estrarranno il proiettile"

Raffaela Pareschi (foto Businesspress)

Raffaela Pareschi (foto Businesspress)

Ferrara, 22 dicembre 2016 - Nella casa di Raffaela Pareschi ci sono alcune stanze aperte ed altre chiuse. «Nello studio di Roberto – dice – non sono ancora riuscita ad entrare». (Raffaela è la sopravvissuta all’omicidio di Fossanova San Marco del 24 luglio scorso. Roberto è Roberto Tosi Savonuzzi: il marito di lei, assassinato dal reo confesso Simone Bertocchi). «Questo è il primo Natale che passerò senza di lui. Senza di lui e senza mio figlio».

Come si sopravvive ad un Natale così?

«Una mia amica non vuole rimanga sola. Andrò a pranzo da lei».

Ora come sta?

«Abbastanza bene, fisicamente. Dopo le feste dovrò subire l’operazione per l’estrazione del proiettile». (Raffaela porta la mano al seno, il proiettile la colpì alla schiena quando era china sul marito ormai senza vita).

Come si va avanti?

«Si è obbligati ad andare avanti. Ringrazio i miei familiari e alcuni amici fondamentali per l’aiuto».

(La luce del sole di dicembre porta il suo cono di polvere dorata sui mobili della casa. Raffaela guarda fuori, guarda il giardino).

«Prima o poi cambierò casa. Un giardino così è troppo impegnativo per una donna sola».

Ricorda tutto di quella mattina?

«Tutto, sì. L’entrata in casa di quello lì assieme a Vittorio Chiccoli, il nostro vicino. E poi...».

(Quello è Simone Bertocchi, fidanzato della nipote del suo vicino e proprietaria dell’immobile).

«Sono andati di là per una perdita d’acqua e ho sentito lo sparo. Mio marito era a terra, c’era molto sangue e sul momento ho creduto fosse stato colpito alla gamba».

Poi il proiettile colpì lei...

«Ero china su mio marito e lui da dietro mi ha sparato alla schiena».

Poi il buio?

«Poi ricordo solo la sua maglietta arancione dileguarsi, in sella alla bicicletta, lungo il viottolo che porta in via Ravenna».

(I fotogrammi della domenica mattina del massacro le scorrono davanti agli occhi: uno dopo l’altro, come filmine).

Crede in Dio lei?

«Non ho risposte. Non lo so... mio marito è stato ucciso e mio figlio è morto anni fa. Non so se credere in Dio».

Si è risvegliata in ambulanza?

«So che ho visto su di me i soccorritori».

Come si vive in una casa dove una domenica mattina l’assassino bussa alla porta, uccide suo marito e tenta di freddare anche lei?

«Ci sono delle stanze, come lo studio di Roberto, in cui non riesco ancora ad entrare. Mi commuovo». (Tosi Savonuzzi aveva uno studio in cui accumulava e riparava oggetti. La camera delle meraviglie di ogni uomo).

«Se chiudo gli occhi, se sono sola, rivendo tutto quello che è successo». (Fino a quella maglietta arancione che si staglia, in controluce, in fondo al tunnel di un omicidio).

Raffaela passa un fazzoletto sugli occhi...