Palaspecchi ‘occupato’: "Vogliamo lo sgombero"

Leghisti sul tetto: "Il sindaco Tagliani affronti il problema"

I leghisti sul tetto del palazzo di via Beethoven

I leghisti sul tetto del palazzo di via Beethoven

Ferrara, 25 ottobre 2015 - Sacchi a pelo, tende, ricetrasmittenti e la bandiera col sole delle Alpi che sventola a strapiombo su una parete scintillante. Un drappello di leghisti, guidati dal responsabile sicurezza del Carroccio ferrarese Nicola Lodi, dal primo pomeriggio di ieri si è asserragliato sul tetto del Palazzo degli Specchi.

Un’occupazione in piena regola, il cui termine è legato ad una telefonata da parte del sindaco Tiziano Tagliani e ad una rassicurazione da parte dell’amministrazione sullo sgombero della struttura abbandonata. La voce di Lodi si sente a singhiozzo da una cassa acustica piazzata ai piedi del palazzo, dove un manipolo di militanti e simpatizzanti assistevano alla protesta davanti a striscioni con le scritte ‘Tagliani a casa’. «L’amministrazione – tuona Lodi – ci dice che rimetterà in sesto il palazzo con 40 milioni di euro. Ma, vista la situazione, quei soldi non bastano nemmeno per tagliare l’erba. Noi esigiamo lo sgombero totale e non scenderemo di qua finché non avremo rassicurazioni in questo senso». Quello che i leghisti sul tetto del palaspecchi attendono è «una chiamata del sindaco, che finora ha rifiutato il confronto su questo argomento. Questo palazzo – puntualizza – è diventato un covo di criminalità e degrado. Vogliamo legalità e pulizia, prima che il quartiere si trasformi in una nuova zona Gad».

Il blitz delle camicie verdi è stato accompagnato da un tour all’interno del palazzo di via Beethoven. Un gruppo di una cinquantina di simpatizzanti e politici locali, scortati da polizia, vigili e carabinieri, ha potuto addentrarsi per qualche centinaio di metri tra le strutture abbandonate. Un vialetto dritto, ormai quasi completamente coperto dalla vegetazione, porta fino nel cuore del complesso, che è anche la parte più densamente abitata. Le tracce del passaggio di balordi ed abusivi sono evidenti sin dai primi passi. Vetri in frantumi, bottiglie, lattine e rifiuti. Il silenzio è di piombo. Ma più ci si addentra più si capisce di non essere soli. Basta buttare un occhio in una delle stanze al pianterreno, o verso quelli che avrebbero dovuto essere i campi da tennis al coperto per trovare segni di bivacco.

Materassi ingialliti gettati a terra, vestiti ammonticchiati negli angoli e resti di pasti cucinati alla bene e meglio. Pochi passi e si arriva ad una specie di piazzale interno, nel quale filtra il sole per buona parte della giornata. Tre fili tesi da un edificio all’altro, con su stesi calzini, pantaloni e magliette. Il profumo di sapone di Marsiglia si infrange, pochi metri più in là con il fetore dell’immondizia. Arrivati infatti nella zona più popolata, si trovano stanze piene fino all’orlo di rifiuti: avanzi di cibo, biciclette rotte e vestiti stracciati tracciano il confine con quella che deve essere la latrina del palazzo. Una camera intera col pavimento cosparso di escrementi e pezzi di carta igienica. Il gruppo torna indietro e un attimo prima che gli ultimi della fila lascino la struttura da dietro ad una colonna spunta una testa di riccioli biondi. Il volto è spaurito, tra le mani uno zainetto. Aspetta che il gruppo passi, poi attraversa il viottolo scapicollandosi sulle scale dell’edificio di fronte. Un istante, prima di essere inghiottita dalle viscere del Palaspecchi.