Ferrara, minacciata di morte dal pusher perché chiama i vigili

Il racconto choc di una residente in zona Acquedotto: "I padroni sono loro"

Una pattuglia della municipale al Gad

Una pattuglia della municipale al Gad

Ferrara, 15 agosto 2017 - Segnala la presenza di spacciatori ai piedi dell’acquedotto e per questo affronto viene minacciata di morte. Il gesto è inequivocabile: il pollice che scorre sulla gola, condito da una serie di insulti. E il tutto soltanto per aver osato chiamare la polizia municipale, nel cuore di un quartiere che i mercanti di morte considerano ormai un loro feudo. A raccontare l’episodio è M. C., 56 anni, da diciassette residente nel quartiere Giardino e attivista del Comitato Zona Stadio.

M., ci racconti la sua disavventura.

«È successo mercoledì sera. Ero seduta su una panchina davanti alla fontana insieme ad alcuni amici. Intorno a noi hanno iniziato a sfrecciare i ‘ciclisti’».

Ce l’avevano con voi?

«La nostra presenza li infastidisce. Considerano quelle panchine loro territorio esclusivo».

Poi cosa è accaduto?

«Alcuni di loro, nel loro girare avanti e indietro, hanno sfiorato la bambina di un mio amico. A quel punto abbiamo chiamato la polizia municipale».

I vigili cosa hanno fatto?

«Hanno fatto un giro con i lampeggianti e hanno controllato alcune persone».

E dopo?

«Quando se ne sono andati, gli spacciatori sono tornati. E se la sono presa con noi».

In che modo?

«Ci hanno insultati con parole irripetibili. A me poi hanno dedicato un trattamento ‘speciale’».

Quale?

«Avendomi vista parlare con i vigili, oltre a insultarmi, uno di loro mi ha fatto il segno del taglio della gola col pollice».

Ha avuto paura?

«Un po’ sì. Siamo stanchi di sentirci dire che non fanno nulla, che si limitano a spacciare. Qui stiamo assistendo a una escalation di violenza».

La situazione è in peggioramento?

«Sì. Sono diventati sempre più sfacciati e sicuri di sé. Si comportano come se fossero padroni del quartiere. Anni fa, durante le biciclettate del comitato, al massimo ci arrivava qualche sberleffo. Ma mai minacce».

Com’era il quartiere Giardino quando è venuta ad abitarci?

«Era una zona tranquillissima. Un gioiello. Lo vedevo come il posto ideale per far crescere le mie figlie».

E poi?

«Poi è cambiato tutto. Il degrado è iniziato, a mio avviso, intorno al 2012. E da allora è stata tutta discesa».

Com’è oggi vivere al Gad?

«Non è facile. Gli spacciatori sono a ogni angolo. L’acquedotto è pieno e così via Cassoli, Nazario Sauro e Vittorio Veneto».

I controlli ci sono?

«Le forze dell’ordine fanno quello che possono, ma sono pochi. È ora di ammettere che la situazione è fuori controllo e prendere provvedimenti seri».

In più occasioni, residenti del Gad che hanno espresso opinioni simili alle sue sono stati tacciati di razzismo. Ripeto la domanda. Siete razzisti?

«Assolutamente no. Come Comitato collaboriamo con diversi volontari africani. Conosco tanti stranieri che sono bravissime persone. Il problema non è il colore della pelle. La differenza è tra chi delinque e chi no».

Ha mai pensato di andarsene?

«Più di una volta. Ma in questa casa abbiamo investito tanto. E oggi sarei costretta a svenderla».