SOFIA NARDI
Cronaca

Tumore al seno, dall’Irst una nuova ricerca

Al via il progetto ‘Arthe’ per curare senza intervento chirurgico ed evitare lunghi cicli di radioterapia. E lo Ior fa scattare una raccolta fondi natalizia per sostenerlo

La responsabile dell’unità di medicina nucleare dell’Irst Federica Matteucci

La responsabile dell’unità di medicina nucleare dell’Irst Federica Matteucci

Forlì, 28 novembre 2016 - Una ricerca tutta dalla parte delle donne quella portato avanti dai medici dell’Irst di Meldola e sostenuta dallo Ior. Si tratta del progetto ‘Arthe’ che potrebbe rivoluzionare l’approccio di intervento sul cancro al seno. I ricercatori dell’Irst, infatti, stanno elaborando un farmaco che potrebbe in alcuni casi debellare il tumore senza dover ricorrere all’intervento chirurgico e, anche nelle occasioni in cui si dovesse comunque ricorrere all’operazione, potrebbe sostituire lunghi ed estenuanti cicli di radioterapia.

A spiegare i meccanismi di ‘Arthe’ è la responsabile dell’unità di medicina nucleare dell’Irst Federica Matteucci: «Ci serviamo di una proteina antibiotica (l’avidina) e una vitamina resa radioattiva (biotina) che, iniettate nel seno malato, sarebbero in grado, da sole, di neutralizzare la lesione, riuscendo in molti casi addirittura a rendere superfluo l’intervento chirurgico e, nei casi di tumori più estesi, di evitare una lunga e sfibrante terapia radioterapica».

Affinché tutto questo sia possibile, però, occorre ancora raccogliere i fondi necessari, e lo Ior si è già impegnato a devolvere il ricavato della campagna natalizia in favore del progetto ‘Arthe’, che oggi si trova già in fase di decollo: «Sperimenteremo ‘Arthe’ su 118 pazienti, che poi verranno comunque operate – spiega Giovanni Paganelli, direttore dei dipartimenti di medicina nucleare e medicina radiometabolica all’Irst, responsabile di molte innovazioni nel campo della diagnosi e della cura del tumore al seno –. Se, come speriamo e crediamo, in fase operatoria scopriremo che la lesione tumorale è sparita, questo nuovo metodo sarà pronto per venire applicato in tutti gli ospedali d’Italia e non solo, cambiando completamente l’approccio alla malattia. Questa, però, è una ricerca autonoma, non sponsorizzata dall’industria. Addirittura dobbiamo preparare da soli il farmaco. Per questo abbiamo così bisogno di fondi per andare avanti: siamo noi a dover costruire il nostro futuro, anche là dove i finanziamenti non arrivano».