Spari nella notte per regolare i conti. Tre ragazzi salvi per miracolo

Far west a Castello, un 43enne voleva vendicarsi di un altro pregiudicato

La finestra dell’abitazione in cui era entrato il bossolo sparato lo scorso marzo

La finestra dell’abitazione in cui era entrato il bossolo sparato lo scorso marzo

Castel San Pietro, 1 agosto 2014 - Sette colpi, sparati non per intimidire, ma per uccidere. Solo per una fortunata circostanza i tre ragazzi (due dei quali ancora minorenni) a bordo della Citroen erano rimasti illesi. L’avevano chiamato il ‘far west’ di Castel San Pietro, ma non erano colpi a vuoto quelli espolosi da Giovanni Di Martino, 43enne di origine campana con alle spalle numerosi precedenti, anche per associazione di stampo camorristico (questi risalenti agli anni ’90). Lo scopo di Di Martino era vendicarsi di un altro pregiudicato campano, sparando al figlio.

L’episodio, che aveva scosso la cittadina, era avvenuto la sera del primo marzo, intorno alle 21.30, in via Di Vincenzo. Stando a quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo operativo di Imola e dai colleghi della stazione di Castel San Pietro, che due gioni fa hanno arrestato l’uomo, con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di armi, il 43enne a bordo di una Twingo rossa, dopo un breve inseguimento, aveva affiancato l’auto sulla quale si trovavano i ragazzini e sparando contro di loro almeno sette colpi. Due avevano centrato l’utilitaria, infilandosi uno nella fiancata, l’altro infrangendo il lunotto posteriore. Solo un caso fortunato aveva evitato conseguenze tragiche.

Tuttavia, non erano stati i ragazzi a denunciare l’accaduto, che era venuto fuori a seguito della segnalazione di un residente della via che si era trovato un bossolo (e una finestra rotta) in bagno.

I carabinieri avevano avviato le indagini, ascoltando per primi due soggetti già noti alle forze dell’ordine, un campano e un bolognese, entrambi residenti a Castel San Pietro. La prima circostanza che aveva insospettito i militari, il fatto che i tre figli più piccoli del campano si trovassero, la mattina dopo la sparatoria, a casa del bolognese. Nell’abitazione del campano, invece, non erano stati trovati elementi interessanti. Una frase pronunciata da questo, però, non aveva lasciato indifferenti i carabinieri: «Mo vediamo chi si fa più male».

Le indagini avevano trovato una svolta nel giro di 24 ore: quando, cioè, la mamma del 19enne alla guida della Citroen, allarmata per aver trovato fori di proiettile nell’auto, aveva sporto denuncia. Era stato sentito il ragazzo che aveva raccontato dell’inseguimento e degli spari, spiegando anche come l’amico che portava a bordo, A. P., appena riconosciuto l’uomo al volante della Twingo, gli aveva urlato di scappare.

A. P., l’amico che portava in macchina con la fidanzatina, è il figlio del pregiudicato campano. Che, con Di Martino, si conosce bene. I due erano stati quasi amici. Poi qualcosa si era rotto. Cosa, lo stanno cercando di capire i carabinieri che intanto però, grazie a perquisizioni, intercettazioni e verifiche balistiche affidate ai Ris, sono riusciti ad accertare le responsabilità di Di Martino, arrestato e condotto alla Dozza. I militari hanno anche segnalato all’autorità minorile P. A. e la sua fidanzatina per favoreggiamento perché, nel corso delle indagini, non hanno mai collaborato all’individuazione del loro aggressore.