CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Il capannone trasformato in moschea. Pronti 100mila euro per comprarlo

L’imam: da anni cerchiamo senza successo un locale tutto nostro

Musulmani in preghiera a Piediripa

Musulmani in preghiera a Piediripa

Macerata, 10 marzo 2016 - «Non ci sono problemi, stiamo benissimo nel capannone a Piediripa. Però saremmo felici se potessimo acquistare la proprietà, sono trascorsi tanti anni dalla prima volta che ne abbiamo fatto richiesta». I musulmani di Macerata hanno due locali che utilizzano come luogo di preghiera: uno spazio, piccolo, in città, in via Filelfo, per coloro che fanno difficoltà a raggiungere la frazione, e un altro più grande, a Piediripa, vicino al Centro per l’impiego. L’imam della comunità islamica maceratese, Mohamed Tarakji, fa il punto sulla situazione, partendo dal problema, sollevato da diversi anni, della difficoltà di acquisto di quello spazio, ora tenuto in affitto.

«Fra tutte e due le moschee – spiega l’imam –, quella di Macerata in via Filelfo e quella di Piediripa, paghiamo ogni mese circa 900 euro di affitto. Stiamo a Piediripa perché, purtroppo, non siamo riusciti a trovare uno spazio abbastanza grande da affittare in città, altrimenti ci sarebbe piaciuto a Macerata. Comunque, abbiamo chiesto tante volte al Comune di darci la possibilità di comprare quel capannone, in modo da avere un luogo nostro, stabile. Dovrebbero fare un cambio di destinazione. Ora lo spazio è ad uso commerciale, dovrebbe passare a essere luogo di culto, ma non c’è intesa tra la comunità islamica e lo Stato italiano su questo punto, anche se, sul piano spirituale, la Costituzione non impedisce di pregare dove si vuole».

Un intoppo del tutto burocratico, dunque. «Abbiamo accumulato, nel tempo – continua Tarakji –, circa 100mila euro, somma destinata all’acquisto, se e quando sarà possibile. Il Comune ci dovrebbe dare una risposta entro il mese, ci hanno detto che nel mese di marzo il problema del cambio di destinazione si sarebbe risolto. Speriamo che possa diventare un luogo di associazione ufficiale destinato alla preghiera. Il capannone costa 200mila euro ma, nel momento in cui l’acquisto è certo, le altre comunità islamiche d’Italia ci aiuterebbero dandoci un contributo, funziona così in questi casi».

Sulla questione di una nuova moschea (di costruzioni ex-novo se ne sta discutendo anche a livello nazionale), l’imam sottolinea: «Noi stiamo bene così, non abbiamo bisogno di una nuova struttura. Quello che ci interessa è soltanto avere un luogo stabile per la preghiera, che possiamo sentire nostro, per sempre. Poi, ampliando il discorso, in tutte le città europee ci sono moschee vere, con i minareti, mentre in Italia è difficilissimo costruirne». Preso atto di ciò, «sappiamo che non è la struttura esterna a contare qualcosa, ma la preghiera in sé. La moschea, tra l’altro, non ha bisogno di avere una forma particolare per essere considerata tale. Mettiamo un tappeto a terra, giusto per non sporcarsi, ed è fatta. Per quanto riguarda il velo che divide la zona degli uomini da quella delle donne, bisogna pensare che all’inizio dell’Islam, ai tempi di Maometto, neanche si usava. Oggi, mettiamo una divisione tra i due spazi per poterci raccogliere in preghiera come si conviene. Dato che, nella nostra preghiera ci si china più volte, sarebbe difficile concentrarsi con una donna davanti».