Omicidio Sarchiè, fiaccolata di rabbia: "Vigliacchi assassini ancora liberi. Vogliamo giustizia per mio marito"

San Benedetto, una folla immensa ha partecipato al momento di ricordo del pescivendolo ucciso (FOTO)

Pietro Sarchiè con uno squalo nel suo negozio

Pietro Sarchiè con uno squalo nel suo negozio

San Benedetto del Tronto (Ascoli), 1 settembre 2014 - La Procura della Repubblica di Macerata che indaga sull’omicidio di Pietro Sarchiè, per ora, ha indagato 5 persone. Sviluppi potrebbero esserci a breve. Indagini che vanno avanti da due mesi a mezzo, dalla mattina del 18 giugno, quando del pescivendolo sambenedettese si persero le tracce in un fazzoletto di territorio. Partito da casa intorno alle 2,30, caricato il pesce a Porto San Giorgio, raggiunse il Ristobar di Gagliole (Mc), intorno alle 7,20. Fatto il pieno al furgone, alle 7,45 servì la prima cliente a Seppio e alle 7,58 il suo telefonino agganciò la cella telefonica di Fiastra. Avrebbe dovuto recarsi 600 metri più avanti per servire una cliente, ma Pietro non vi arrivò mai. Svanito nel nulla, fino al tardo pomeriggio di sabato 5 luglio, quando i carabinieri trovarono il suo corpo, martoriato da 6 colpi di pistola alla schiena e uno alla nuca. Un’esecuzione inspiegabile. I resti furono rinvenuti bruciati e seppelliti in un luogo isolato nelle campagne di San Severino.

La città di San Benedetto si è stretta in un grande abbraccio alla famiglia di Pietro Sarchiè (FOTO). Nella località balneare, dove il commerciante viveva con la sua famiglia, sabato sera si è tenuta una Messa e una fiaccolata che è terminata sulla banchina di riva dello scalo peschereccio e che ha visto la partecipazione di autorità politiche e militari, della moglie Ave Palestini, la figlia Jennifer e il figlio Yuri. Ad aprire il corteo quattro striscioni che invocavano «Giustizia per Pietro» ed «Ergastolo per gli assassini», dietro centinaia di cittadini che hanno voluto dimostrare solidarietà e vicinanza a una famiglia duramente colpita da un evento di inaudita ferocia. Durante il rito religioso, concelebrato da tre parroci, la figlia Jennifer ha letto una struggente lettera indirizzata al padre Pietro.

Sulla banchina Malfizia, dove si sono succeduti gli interventi per ricordare il pescivendolo barbaramente ucciso due mesi e mezzo fa, ha preso la parola anche Ave Palestini, che ha avuto parole sprezzanti nei confronti degli assassini del marito. «Pietro amava il suo lavoro, anche se molto duro, adorava la sua famiglia e i suoi clienti. Pietro è un uomo buono, serio e onesto lavoratore — ha affermato la vedova Sarchiè —. Purtroppo siamo qui a parlare di lui a causa dell’atroce e inspiegabile delitto. Per noi tutto è cambiato da quel 18 giugno, la nostra famiglia è stata distrutta, non per volontà di Dio, ma per mano di esseri spregevoli, vomitevoli, ripugnanti, vigliacchi assassini. Sapere che questi mostri sono ancora in giro non fa altro che accrescere la nostra rabbia. Tutti noi dobbiamo far passare il messaggio che non siamo come loro e dobbiamo salvare i nostri figli e le prossime generazioni da questa feccia, da questi personaggi che non sono altro che la vergogna dell’Italia e del genere umano. Io e la mia famiglia combatteremo affinché la giustizia faccia bene il proprio dovere e che la magistratura porti in galera, a vita, gli autori di questo barbaro omicidio».

Nel suo intervento ha chiesto a gran voce giustizia anche il sindaco di San Benedetto, Giovanni Gasperi, il presidente del Consiglio comunale Marco Calvaresi e il legale e amico di famiglia avvocato Orlando Ruggeri. Presenti alla fiaccolata anche il sindaco di Monteprandone, il vice sindaco di Martinsicuro, il vice presidente della provincia di Ascoli, assessori e personaggi della cultura e della marineria sambenedettese. Presente anche una delegazione del terzo Reggimento Granatieri Sardegna, cui Pietro era particolarmente legato, che ha donato una bellissima targa alla famiglia Sarchiè.