Ferrari, Antonio Ghini lascia e guarda al futuro

L'ex direttore dei musei della Ferrari chiude un capitolo: "Il Mef è un gioiello da offrire al mondo"

Antonio Ghini

Antonio Ghini

Modena, 30 aprile 2016 - Antonio Ghini è un grande modenese. D’adozione. «Sono arrivato in queste terre all’alba degli anni Novanta – sorride – Mi chiamò Montezemolo a dirigere la comunicazione della Ferrari. Ma le qualità di persone apparentemente dure ma nella realtà positive e appassionate, l’ho scoperta solo quando sono uscito dalle mura di Maranello per occuparmi di un patrimonio della comunità, come il Mef».

Fino a poche settimane fa, Ghini ha diretto, oltre al Museo Ferrari di Maranello e il bel Magazine del Cavallino, il Mef, il museo dedicato alle origini del Drake. «E’ uno dei successi professionali cui più sono legato – ammette – A gennaio del 2014, quando ho cominciato ad occuparmene, la situazione era oggettivamente compromessa e gli specialisti dubitavano della possibilità di raggiungere il pareggio. Beh, già a fine 2015 il museo è andato in utile…».

E’ stato difficile?

«Ho pensato che Modena aveva un gioiello da offrire al mondo. Mi spiego: una realtà come il Mef si rivolge in buona parte agli stranieri, a chi viene da fuori…».

E allora?

«Allora era indispensabile lavorare sul rifiuto della omologazione».

Chiedo scusa ma non capisco.

«Arrivo. Dovevamo far passare il concetto che la città di origine di Enzo Ferrari lo celebrava non con un museo dei ricordi ma con un luogo vivo e continuamente rinnovato: non un sacrario ma un’esperienza, grazie anche a spettacolari filmati che periodicamente avvolgono chi lo visita facendo vivere la storia».

Risultati?

«Abbiamo raddoppiato i visitatori. Nel 2015, anche grazie all’abbinamento tra il mito di Pavarotti e le Rosse, sono stati più di centoventicinquemila, a un prezzo medio reale del biglietto di 12 euro, che per un museo non è certo poco».

Posso fare l’avvocato del diavolo?

«Figuriamoci se lei perdeva l’occasione!».

E come mai se le cose vanno così bene, e certamente vanno così bene, Ghini non è più al suo posto?

«Amico mio, nella vita le cose cambiano, le persone anche, comunque è stata una separazione condivisa».

Risposta respinta, caro Ghini.

«E’ semplice, i tempi e le cose sono cambiati, il nuovo assetto proprietario, l’ingresso in Borsa, le tante priorità, a partire dalla F1, sono difficilmente compatibili con la gestione di Musei che dovrebbero essere guidati con la libertà di un imprenditore che guarda al proprio risultato senza dover subire condizionamenti derivanti da cose ben più importanti».

La ‘nuova’ Ferrari continuerà a credere nel Museo?

«Sicuramente, a condizione che prevalga il rispetto per l’anima della Azienda. Non sono pessimista, al contrario. Poi, il futuro dirà».

Rimpianti?

«No, è stata una bellissima esperienza, che mi ha aiutato a comprendere il Dna dei modenesi. Guardi, io non voto sotto la Ghirlandina, non faccio propaganda elettorale, ma in questo, nel difendere l’identità migliore del suo popolo, il sindaco Muzzarelli è stato splendido e mi ha aiutato ad avere fiducia nel rilancio del MEF».

Beh, Muzzarelli non avrà apprezzato che la Ferrari nemmeno abbia presentato ufficialmente l’ultima mostra di Ghini, quella sul Cavallino e Hollywood…

«Ecco, è questo il discorso di prima, in quelle settimane la Ferrari che entrava in Borsa, che si concentrava sulla nuova difficile sfida della Formula 1 e che aveva un nuovo modello da lanciare, probabilmente non aveva tempo da dedicare a un piccolo museo. Ma la mostra resta aperta per un anno, volendo si può recuperare».

Adesso lei il tempo come lo riempie?

«Di cose da fare ne ho molte. Mi è stato proposto di contribuire al vero lancio della Motor Valley. E’ un progetto per anni rimasto sulla carta e che ora decolla. La Ferrari, col suo nome e i suoi musei è un autentico totem, ma su base regionale ci sono anche Ducati, Lamborghini, Maserati, Pagani, Dallara. E non solo: quattro autodromi, da Imola a Varano, da Modena a Misano e collezioni private, si pensi a Panini e Righini, per non parlare delle decine di maestri artigiani che fanno questo territorio un luogo unico. In un mondo che si dichiara globale, i valori locali, quelli che vengono dalla stessa cultura e dalla stessa passione, quelli dell’antica tribù, sono una favolosa risorse per il turismo internazionale. Ne parleremo…».

Ultima cosa: lei andrebbe più volentieri a cena con Montezemolo o con Marchionne?

«Con Monica Bellucci, sia l’uno che l’altro mi capirebbero…».