Cardiologia, colpo di scena: "La paziente data per morta è viva"

Processo sulle presunte sperimentazioni, l’avvocato Ferraresi contro i testi dell’accusa: «Ecco la sua cartella»

L'emodinamista Giuseppe Sangiorgi

L'emodinamista Giuseppe Sangiorgi

Modena, 27 settembre 2016 - Lo si poteva immaginare: il processo ‘Cardiologia’, quello per le presunte sperimentazioni fasulle che nel 2012 ha portato all’arresto di nove medici al Policlinico, è un serbatoio di colpi di scena. Ma quanto avvenuto nell’udienza di ieri, giornata che si era annunciata come incentrata quasi esclusivamente sulle dichiarazioni dei carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità (Nas), va oltre e apre a possibili nuovi sviluppi, sempre di natura legale. Al centro del ‘caso’ la cartella clinica di una paziente, che ha portato in aula l’avvocato di una casa farmaceutica coinvolta nel maxi processo (si tratta del modenese Marco Ferraresi).

Un nome, quello della donna in questione, che in tribunale si è già sentito, più precisamente nelle precedenti udienze del 27 aprile e del 18 maggio scorsi, sempre sullo scandalo della sanità modenese. A citarla, difatti, erano stati i grandi accusatori dell’ex primario del reparto Maria Grazia Modena e dell’emodinamista Giuseppe Sangiorgi: i cardiologi Rosario Rossi e Fabio Sgura, assi nella manica dell’accusa (tra i principali testi del pm Marco Niccolini). Entrambi, come ha ricordato l’avvocato Ferraresi, avevano riferito che nell’ambito delle sperimentazioni ‘non consentite’ che si sarebbero svolte all’interno della Cardiologia al Policlinico (per testare sui pazienti i dispositivi medici), sarebbe avvenuto un decesso.

Una donna, con tanto di generalità, quindi, che avrebbe perso la vita sotto i ferri, senza che però il caso specifico fosse successivamente segnalato al Comitato etico del Policlinico sotto forma di Sae (serious adverse event), evento avverso insomma. Un decesso più che sospetto, quindi. Ieri, invece, l’avvocato Ferraresi ha portato davanti al collegio di giudici la cartella clinica della cinquantenne, con tanto di certificato dello stato di famiglia, datato giugno 2016, nel quale si evince che la donna è viva e vegeta e, pur essendo stata effettivamente operata per un infarto al Policlinico, nulla avrebbe a che vedere con le sperimentazioni.

«È un duro colpo alla tesi delle Sae non comunicate al Comitato etico dagli sperimentatori – dice Ferraresi – e alla tesi della salute dei pazienti messa a repentaglio per testare i device medici. L’accaduto getta un’ombra sulla attendibilità dei testi dell’accusa». Alla luce dei fatti emersi la casa farmaceutica sta valutando di procedere per via legale. Al di là del giallo sulla donna morta/non morta, ieri il collegio si è riservato di fronte alle eccezioni presentate dalle difese sull’utilizzo degli atti (soprattutto email) che gli inquirenti hanno ottenuto attraverso il programma Trojan, che attinge dagli indirizzi mail privati all’insaputa dei proprietari indagati.