CronacaIl centro per disabili La Lucciola rischia di chiudere

Il centro per disabili La Lucciola rischia di chiudere

Lo sfogo dei genitori: "Si risparmia sulla nostra pelle"

Attività all'aperto al centro La Lucciola

Attività all'aperto al centro La Lucciola

Ravarino (Modena), 6 gennaio 2016 - Nel 2012 il terremoto aveva provato a ‘spegnere’ la Lucciola. Il centro di Stuffione di Ravarino che assiste i ragazzi disabili, che d’inverno si perde in mezzo alla nebbia, era stato duramente colpito e aveva continuato l’attività in una struttura temporanea. Poi, però, si era messa in moto la mirabolante macchina della solidarietà e il simpatico insetto – ormai, tra l’altro, sempre più raro – aveva ricominciato ad agitare le ali e a muovere la ‘magica’ coda fluorescente. Solo quattro anni dopo, però, la luce rischia di sparire un’altra volta. Questo, almeno, temono i genitori dei ragazzi che frequentano il centro, che scrivono, in una accorata lettera: «Quello che non ha fatto il terremoto al centro La Lucciola lo farà l’Ausl?».

L’attacco è deciso, diretto. I genitori se la prendono con l’azienda sanitaria locale perché – dicono – starebbe risparmiando «sulla pelle di chi già non è stato molto fortunato», e cioè i giovani con disabilità e le loro famiglie. Una tesi che l’Ausl rigetta con forza con il direttore generale Massimo Annicchiarico: «E’ l’esatto contrario: è per i fragili e i cronici che principalmente ci adoperiamo».

Dove nasce la paura dei genitori? In una saletta del centro, dove la direzione ha dato – ci riferiscono – la ferale notizia: ‘La Lucciola rischia di chiudere’. Il motivo è semplice: sarebbero calati gli ingressi, e cioè la benzina che fa funzionare – anche economicamente – la macchina. «Con gli anni – scrivono i genitori nella lettera – sono stati inviati dall’Ausl (il soggetto che certifica la disabilità, ndr) sempre meno bambini e ragazzi, sia a causa di una norma regionale che impone di aspettare almeno gli 11 anni (prima era sufficiente averne tre), sia perché, con il passare del tempo, pur essendoci un aumento dei minori con handicap, quelli inviati alla Lucciola sono diventati sempre meno». Fuori dai denti, i genitori credono che ci sia un piano, una strategia per mettere il centro in crisi. «Ci chiediamo – suggeriscono infatti nella lettera – a quanti genitori di ragazzi disabili sia stata offerta la possibilità di frequentare il centro. In questo posto i bisogni dei figli vengono ‘sposati’ con professionalità ma senza camici bianchi in vista. Neuropsichiatri infantili, psicologi, riabilitatori con diverse specializzazioni ed educatori professionali forniscono un impegno completo. Certo – proseguono – tante ore al giorno non possono costare come 45 minuti alla settimana, e allora ci viene il dubbio che l’inaridimento degli invii sia anche frutto di una campagna al risparmio sulla nostra pelle. Speriamo ovviamente che questo non sia vero, perché altrimenti – l’amara conclusione – ci verrebbe da dire che ciò che non ha distrutto il terremoto, alla Lucciola, verrà distrutto dalla voglia di risparmio di qualcuno. Forse l’idea che sta dietro è quella che alla fine non vale la pena investire sui bambini con problemi cronici? Dall’essere down non si guarisce, a che scopo allora investire tanto tempo e tanta fatica». Tutte affermazioni che, lo ribadiamo, l’Ausl respinge con forza (la replica è qui sotto). Così come è rispedita al mittente anche l’accusa di avere, in merito ai servizi di neuropsichiatria infantile, «allungato i tempi d’attesa per cominciare la riabilitazione».

Dietro queste righe – ed è l’aspetto più importante – c’è un centro che, dicono le famiglie, rappresenta e ha rappresentato una grande opportunità per tanti giovani disabili. «Qui – racconta Monica, una mamma, il mio bambino autistico ha imparato a fare da solo. Prima dovevo lavarlo, vestirlo, fargli da mangiare. Tra la scuola e il centro c’è una collaborazione stupenda, e alla Lucciola mio figlio si è fatto anche degli amici, cosa per un ragazzino autistico poco probabile. A scuola no». Lo stesso trasporto lo usa Patrizia Ori, un’altra mamma in prima linea contro la paventata chiusura: «Mio figlio qui è riuscito a coltivare le sue passioni, anche quella per il canto lirico. La Lucciola è un fiore all’occhiello: non portatela via a noi e a chi ancora deve nascere».

 

LA RISPOSTA DEL DIRETTORE GENERALE AUSL MASSIMO ANNICCHIARICO

Ho letto la lettera inviata dai genitori del centro ‘La Lucciola’ e desidero rispondere personalmente, per la delicatezza del tema e per il rischio che la condizione dei minori e la legittima espressione di opinione dei genitori possano ingenerare strumentalizzazioni, che rischiano di provocare ancor più disagio di quanto già non faccia la condizione di disabilità. La preoccupazione espressa in ordine alla cura dei propri figli mi è comprensibile, così come l’incertezza per il futuro dei disabili una volta diventati adulti e senza più le proprie famiglie. Teniamo tuttavia a respingere con fermezza il solo sospetto che per il servizio sanitario pubblico non valga la pena di curare i pazienti cronici (minori o adulti che siano, per questi ultimi il principio della presunta inutilità dovrebbe valere ancora di più) o che qualcuno voglia ‘risparmiare’ a scapito dei pazienti. All’opposto, è esattamente per i cronici ed i fragili che principalmente ci adoperiamo. Nel nostro territorio i servizi per la neuropsichiatria infantile si sono moltiplicati nel tempo, consentendo di prendere in carico in più strutture e in collaborazione con le associazioni dei familiari, un numero enormemente maggiore del passato di pazienti, con tempi di attesa (contrariamente a quanto affermato) estremamente contenuti, utilizzando le più accreditate tecniche riabilitative. Senza indulgere in tecnicismi, nemmeno posso sottacere che sui modelli di trattamento altre famiglie hanno diversa opinione in ordine alla inclusione scolastica, opinione molto spesso opposta a quanto affermato nella lettera Il sottoscritto ha incontrato la direzione della Lucciola ad oggi per 3 volte alla ricerca di soluzioni che consentano alla struttura privata in oggetto di continuare ad operare, nel tentativo di contemperare i diritti di tutti.  Per l’azienda Usl non è mai stata né lo sarà una questione economica. Il rischio è pero’ anche peggiore, e cioè che in nome di un diritto di pensiero, il tutto si trasformi in scontro ideologico contro chi la pensa diversamente sul trattamento di quei minori, mettendo pazienti, e famiglie, gli uni contro gli altri, o tutti contro una inesistente tirannia economica della Ausl, anziché cercare di contemperare le diverse istanze. Noi invece, posso assicurare ai genitori firmatari, continueremo a provarci.