‘Torture’ al G8, causa allo Stato: chiesti 230mila euro di risarcimento

Un giovane umiliato a Bolzaneto si rifà su tre Ministeri

L’avvocato modenese Mario Marchiò

L’avvocato modenese Mario Marchiò

Modena, 26 luglio 2016 - Sono trascorsi 15 anni dal G8 di Genova e dalle violenze nella caserma di Bolzaneto, per le quali in sette tra poliziotti e medici sono stati condannati in via definitiva dalla Corte di Cassazione. Ma per tre modenesi, che all’epoca dei fatti avevano tra i 21 e i 29 anni, è impossibile dimenticare le umiliazioni subite quando furono prelevati insieme a decine e decine di no global per poi essere trattenuti e maltrattati per tre giorni. Ora uno di loro, assistito dall’avvocato Mario Marchiò, ha chiesto un risarcimento danni di 230mila euro intentando una causa civile (le provvisionali riconosciute in sede penale si aggiravano tra i 20mila e i 50mila euro per ogni ragazzo costituitosi parte civile al maxi processo) contro tre ministeri, quelli dell’Interno, della Giustizia e della Difesa. «E’ vero che in Italia ancora non esiste in reato di tortura – afferma Marchiò – ma dopo i fatti di Genova, scuola Diaz e Bolzaneto, la Corte Europea ha imposto all’Italia di adeguarsi. Quella che abbiamo intentato è una causa guida, a seconda di come andrà sarà riproposta anche per gli altri due ragazzi».

A Bolzaneto i tre modenesi, portati nella caserma mentre cercavano di allontanarsi dai facinorosi, subirono alcune pratiche terribili: stare ore in piedi con la faccia rivolta contro un muro, rimanere nudi su cocci di vetro, ricevere botte sulle parti intime.

La richiesta di risarcimento è stata avanzata venerdì scorso a Bologna (città competente per distretto quando si intenta una causa contro lo Stato): i giudici si sono riservati di decidere e nei prossimi giorni arriverà il responso in merito all’accoglimento o meno della richiesta risarcitoria. Marchiò ha come avversario l’avvocatura di Stato che invece ha sollevato una eccezione di territorialità, sostenendo che gli uffici giudiziari di Bologna non sono competenti. Anche questo sarà oggetto di una decisione da parte dei giudici: «Anche se la causa sarà spostata a Roma – conclude Marchiò – per noi non è un problema. Siamo intenzionati ad andare fino in fondo. Vedremo come andrà, da questo processo potrebbe uscire una sentenza guida destinata a fare giurisprudenza».

All’indomani della sentenza penale definitiva pronunciata nel 2013 dalla Cassazione, Amnesty International Italia aveva dichiarato: «La Corte ha ribadito in modo definitivo che a Bolzaneto furono commesse gravi violazioni dei diritti umani. Il verdetto conferma le responsabilità della maggior parte degli imputati, ma la prescrizione comporta la sostanziale impunità per molti di loro», rilevando come la mancanza del reato di tortura nel nostro codice penale abbia «impedito ai giudici di punire i responsabili in modo proporzionato alla gravità della condotta loro attribuita».