In carcere a Caracas per 57 canarini. L'odissea di un pesarese

Accusato di contrabbando. "Sogno l'Italia, fatemi tornare"

Luigi Federici accanto al parroco della caserma militare di Caracas (Damiani)

Luigi Federici accanto al parroco della caserma militare di Caracas (Damiani)

Pesaro, 11 ottobre 2016 - Luigi Federici, 67 anni, pensionato, di Pesaro, è da 13 mesi recluso in una caserma militare nei sobborghi di Caracas, Venezuela. Attende il processo. La sua colpa è quella di aver comprato in un negozio della periferia venezuelana 57 uccellini, 28 coppie e un vedovo, con l’intenzione di allevarli. Lo hanno arrestato in aeroporto il 10 settembre 2015 considerandolo un contrabbandiere. Per mille ragioni, compreso il fatto che è straniero, è rinchiuso in una caserma militare più che in un carcere, dove però può sempre essere sempre trasferito per il volere del comandante della caserma. Dove si trova ora come è ovvio non può uscire ma può parlare. Perfino al telefono. Per questo ha un contatto quasi quotidiano con la moglie Bruna, riesce a parlare con i nipotini a cui assicura di tornare a casa il prima possibile.

A tenere i contatti con lui è l’ambasciata italiana che invia ogni settimana in caserma dove è recluso il pensionato pesarese una funzionaria a controllare le condizioni di Federici e a prendere informazioni con le autorità sugli sviluppi del processo. Anche l’avvocato che tutela il nostro connazionale è stato indicato dall’ambasciata ma i costi legali dovranno essere in parte affrontati dalla famiglia. Che intanto attende a casa, dopo una visita a Caracas del figlio Ivan, l’esito del processo. Le autorità hanno sconsigliato viaggi nella regione di Vargas dove si trova il carcere. In quella zona ci sono stati 300 omicidi solo nel 2016.

di ROBERTO DAMIANI

La linea telefonica non fa capricci. Anzi, il contatto a 8.300 chilometri di distanza è immediato.

Pronto, Luigi?

«Sì, sono io».

Sono le 10.30 del mattino in Italia, lì sono le 4.30. Ci hanno detto di chiamarla a quest’ora che avrebbe risposto lei. Come mai siete tutti in piedi così presto?

«Perché qui il concetto di presto è relativo. Ci svegliamo alle 2.30 del mattino, perché è l’unico momento per fare la doccia. Poi colazione, e subito dopo ci mettiamo seduti a giocare a carte o come faccio io a scrivere. Farò un libro su quello che mi sta accadendo. Adesso mi hanno anche dato un fringuello ferito da curare, tanto per rimanere in tema».

E può rispondere al telefono?

«Sì, perché sanno che a quest’ora può chiamarmi la mia famiglia dall’Italia. Allora mi sistemo vicino al telefono e aspetto».

Come sta andando il processo?

«Ci sono state sei udienze, ogni tanto cambiano i procuratori, c’è qualche testimone che dice qualcosa e poi si rinvia. Mi hanno detto che vogliono chiuderlo entro Natale. Ci spero con tutto il cuore».

Lo accusano di contrabbando di uccellini rari e protetti?

«L’accusa è quella ma non erano specie protette. Io ho comprato i 57 uccellini, i Tangara, in un negozio. Non ho nascosto niente, tantomeno all’aeroporto. Ho aperto io la valigia».

Poi cosa è successo?

«Il cane poliziotto si è innervosito, gli agenti sono venuti da me, hanno visto gli uccellini, mi hanno chiamato in disparte e poco dopo messo le manette. Sono rimasto per un mese con le mani legate».

Chi si è interessato a lei?

«L’ambasciata italiana si è mobilitata subito, una funzionaria viene ogni settimana a verificare le mie condizioni, e dall’Italia, in particolare da Pesaro, so bene che il sindaco Matteo Ricci sta facendo molto. Mi ha anche telefonato qui. E si dà da fare anche l’onorevole Alessia Morani, per un mio ritorno a casa. Li ringrazio, e apprezzo molto».

Cosa le danno da mangiare?

«Tutti i giorni una farina di mais, con qualcosa dentro. Una specie di frittella perenne. Che mi ha provocato una gastrite dolorosa unita all’ulcera di cui soffrivo già. Sono stato visitato due volte dai medici. Per fortuna, un ex compagno di cella cucina dei pasti e me li porta. La mia famiglia gli spedisce dei soldi».

Ha subìto violenze, minacce, aggressioni?

«All’inizio ho corso quel rischio, pur senza mai venir colpito. Poi la mia condotta estremamente rispettosa di tutti, la mia fede religiosa e l’estrazione di sinistra hanno favorito i rapporti qui dentro. Ora ho qualche beneficio, come questa chiacchierata che sto facendo addirittura con un giornale. Quindi, c’è anche umanità».

Come riesce a mantenere la calma dopo oltre un anno di reclusione?

«La domanda è giusta. Ogni tanto mi dico: adesso apro gli occhi, vado di là e trovo in salotto mia moglie, figli, nipotini. Poi respiro profondamente e capisco che non è così. Qualcuno mi parla in spagnolo misto castigliano, oppure in inglese. Io intanto insegno italiano alle guardie. Mi sono fatto mandare anche un vocabolario. Sono tutti contenti del mio insegnamento».

Lei mangia poco perché forniscono a lei poco oppure non ce n’è per nessuno?

«Qui i supermercati sono vuoti, almeno quelli per la gente. Sono pieni quelli privati per gente ricca ma sono inavvicinabili».

Ci sono altri stranieri?

«C’è stato un cinese, fermato all’aeroporto con tartarughe rarissime e cavallucci marini, che sono protetti. Non so perché ma dopo 40 giorni è stato liberato».

Cosa si aspetta adesso?

«Ho chiesto prima della sentenza di andare ai domiciliari in una casa dell’ambasciata. Speriamo che dicano di sì. Come mi hanno concesso di vedere il Napoli di cui sono tifoso. Così, ad ogni partita su Sky, le guardie mi chiamano e la guardiamo. Se segna e vince poi è festa grande per tutti».