Una palpatina può costare 10mila euro. Le storie di quelle che si sono ribellate

Il caso di un ingrosso di Fano: dipendente umiliata fino allo sfinimento

I carabinieri hanno denunciato l’esibizionista

I carabinieri hanno denunciato l’esibizionista

Pesaro, 21 luglio 2016 - La fila a presentare denunce non c’è. Ma datori di lavoro o capi turno che allungano le mani e chiedono prestazioni sessuali ad operaie e sottoposte esistono eccome. In un caso, il giudice del lavoro di Pesaro Maurizio Paganelli ha condannato recentemente il titolare di un’azienda in solido col responsabile delle molestie al pagamento di un risarcimento danni alla dipendente, una lavoratrice all’interno di bar ristorante, presa di mira di 10 mila euro. «Era la parola della donna contro quella dell’accusato – ricorda il giudice – ma la presenza di almeno due testimoni che hanno riferito in maniera precisa ciò che avveniva ha sicuramente determinato il giudizio. Un altro caso di denuncia dello stesso tenore è tuttora in trattazione ed è ancora presto per parlarne. Va ricordato che comunque ne risponde sempre il titolare dell’azienda perché il contratto di lavoro ricorda che spetta al datore di lavoro garantire la sicurezza e la moralità dei propri dipendenti».

In un ingrosso ortofrutticolo di Fano, una donna di quarant’anni dipendente stagionale di una cooperativa non ce l’ha fatta più ed ha denunciato recentemente alla polizia la situazione di umiliazione che era costretta a subire a causa delle continue molestie da parte del suo responsabile. La minaccia era sempre la stessa: la mancata riconferma del lavoro. La signora ha subìto per mesi poi si è presentata dalla polizia ed ha raccontato tutto. Due colleghe di lavoro, sentite dalla polizia, hanno confermato dapprima le dichiarazioni della vittima per poi fare però una parziale ritrattazione. Il processo deve ancora iniziare, e il fascicolo è fermo davanti al gup. La dipendente intanto ha cercato un altro lavoro. Come ha dovuto trovare un’altra occupazione una barista di Montecchio presa di mira dal suo titolare che non perdeva occasione per allungare le mani ad ogni «incrocio» dietro al bancone del bar oltre che cercare di baciarla appena se ne presentava l’occasione.

L’uomo, di 58 anni, al processo, si è difeso dicendo che è un tipo allegro e che appena può cerca di baciare la gente, compresa la sua dipendente anche se questa non ne aveva alcuna voglia. L’imputato è stato assolto. Il pubblico ministero Silvia Cecchi aveva chiesto 1 anno e 9 mesi di reclusione, mentre la difesa era stata di parere opposto spiegando che la ragazza non era apparsa credibile perché è inconcepibile subire tentativi di baci per un anno senza reagire. L’avvocatessa Alessandra Repaci che difendeva la ragazza era incredula dall’assoluzione: «La mia assistita non è stata giudicata credibile. Una ragazza di 20 anni, che lavorava sodo anche ben oltre le 10 ore al giorno, impossibilitata a lasciare quel posto perché altrimenti non avrebbe potuto studiare, con una famiglia di sette persone dove era la sola insieme al padre a lavorare, si imbatte – conclude – in questa situazione e trova il coraggio di reagire ma poi non viene creduta perché non ci sono testimoni. Sì, è una sentenza che mi ha profondamente colpito». Nella motivazione della sentenza i giudici spiegano che la ragazza non aveva portato prove delle molestie subìte.