Pesaro, 13 agosto 2017 - Rossini non ha scritto opere minori. E Torvaldo e Dorliska non lo è affatto; anzi a dirla tutta è un’opera bellissima poco eseguita e tra quelle che meriterebbero senz’altro di essere rappresentate di più. Soprattutto se lo si fa come l’hanno saputo fare al Rossini Opera Festival dove l’opera è tornata questa sera nel riallestimento del 2006 a firma di Mario Martone.
Anche nel dramma semiserio andato in scena, così come nelle altre due opere in cartellone (Le Siège de Corinthe e La pietra del paragone), un cast di cantanti di prim’ordine. Che sembra poi essere la costante di questa edizione del festival dove il direttore artistico Ernesto Palacio è riuscito nel non facile compito di trovare tre compagnie di canto tutte equilibratissime e di primissimo livello in un giusto mix tra stelle di prima grandezza e giovani talenti dell’Accademia. E stasera gli applausi scroscianti sono andati a tutti, proprio a tutti i sei protagonisti. Al termine quasi 10 minuti di applausi equamente distribuiti.
Da un convincente Filippo Fontana (Ormondo) ad una sorprendente e bravissima Raffaella Lupinacci (Carlotta). Dall’intonatissimo Dmitry Korchack (Torvaldo) al suo acerrimo rivale il Duca d’Ormont splendidamente interpretato da Nicola Alaimo. Una vera e propria ovazione ha accolto la sua prova così come quella di Carlo Lepore, che nei panni del custode Giorgio si è conteso la palma del migliore con il collega siciliano. A chiudere una stella di prima grandezza come Salome Jicia che ancora una volta ha dimostrato tutta la sua classe e bravura.
Abbiamo detto prima della compagnia di canto ma perché si tratta di un ri-allestimento (quello del 2006), che porta la firma di un grande regista come Mario Martone che, come pochi, riesce a rendere l’opera lirica attuale e adatta allo spettatore moderno. Tanto da aver creato una mini parterre sul palco con il pubblico più che mai dentro la scena, quasi a toccare fisicamente i personaggi in scena. E la scena dal palco si è spostata in sala, in platea con tanto di entrate di figuranti, coro e cantanti da ogni parte del teatro. Insomma un coinvolgimento del pubblico a 360 gradi che è piaciuto e che ha reso quanto mai dinamica la vicenda cui faceva da contrappunto la staticità medievale della scena raffigurata da un immaginario castello delimitato da un grande cancello e dal bosco che lo circonda.
Nell’economia di un allestimento che funziona, diverte e che ha saputo regalare momenti di grande intensità ed emozione, non si può citare la bacchetta di Francesco Lanzillotta alla guida dell’Orchestra Sinfonica Rossini. Applausi per lui (meritatissimi), e per i professori della Rossini che si conferma ancora una volta orchestra solida e matura. Ma al secondo anno come protagonisti di un’opera vanno fatti applausi e tanti complimenti anche al Coro del Teatro della Fortuna Agostini diretto con sapienza da Mirca Rosciani. Bravissimi in scena e convincenti nell’interpretazione. Non c’è che dire anche questa terza opera ha messo tutti d’accordo e gli applausi convinti di stasera del Rossini stanno lì a dimostrarlo.