Cantini, la sentenza in corte d’assise d’appello: condannato a 23 anni e mezzo

Delitto di Passogatto (Lugo): per i giudici fu lui, nel 2008, a uccidere e buttare nel pozzo la sua consorte di allora, la 23enne cubana Yanexy Gonzales Guevara

IL POZZO Gli inquirenti mentre effettuano un sopralluogo sul pozzo in cui fu ritrovata Yanexy Gonzales Guevara

IL POZZO Gli inquirenti mentre effettuano un sopralluogo sul pozzo in cui fu ritrovata Yanexy Gonzales Guevara

Ravenna, 22 luglio 2016 – «Se penso al carcere? Scusi, faccio gli scongiuri...». Eppure Marco Cantini, 42enne imprenditore di Lugo, un pensierino a questa eventualità dovrà farlo. A dicembre si era sposato di nuovo, una ragazza rumena. Al momento è un uomo libero. Ma per i giudici della corte d’assise d’appello fu lui, il 21 agosto del 2008, a uccidere e a buttare nel pozzo la consorte di allora, la 23enne cubana Yanexy Gonzales Guevara, poi trovata a distanza di una dozzina di giorni. Per le cronache fu il giallo di Passogatto, dal nome sinistro della frazione romagnola. Ieri la sentenza: 23 anni e mezzo di pena, la stessa della precedente condanna sempre in appello, dopo l’iniziale assoluzione in assise a Ravenna, poi annullata dalla Cassazione che aveva chiesto ai giudici bolognesi di rifare tutto daccapo. In pratica l’ultimo processo è stato un quarto grado. Finita? Macché. Ce ne sarà un quinto. L’avvocato difensore Giovanni Scudellari annuncia ulteriore ricorso a Roma, confidando possa finire come per Sollecito per il caso Meredith, al termine di un similare ping pong giudiziario.

Il procuratore generale Gianluca Chiapponi aveva chiesto 28 anni, mentre in passato l’accusa aveva sempre domandato l’ergastolo. I due erano separati in casa, lui voleva cacciarla, lei non voleva saperne di fare le valigie: ecco l’ipotetico movente. La corte ha condannato Cantini per l’omicidio, ma l’ha assolto per l’occultamento di cadavere: la donna fu buttata nel pozzo stordita, comunque ancora viva. E lì, intrappolata in quel cubicolo altro cinque metri, è rimasta. L’autopsia non trovò segni di percosse. Fratture, lesioni, nulla. Il processo si è giocato su questo aspetto, in punta di perizia. «La Cassazione chiedeva di sciogliere il nodo medico legale, capire perché non c’erano segni di violenza. Ma non è stato fatto», è convinto l’avvocato Scudellari. La Procura, in ragione di ciò, aveva cambiato strategia, ipotizzando una dinamica diversa. Non strangolata, ma stretta al torace. Poi calata nel pozzo. Nel frattempo il marito aveva cancellato le registrazioni della videosorveglianza interna alla casa, due giorni dopo aver saputo che il Ris gli avrebbe messo la Bmw ai raggi X ne denunciò il furto. «Amareggiato? – risponde laconico – L’avvocato mi aveva messo in guardia...». Intanto si è rifatto una vita. Nuova moglie, con cui vive nella stessa casa macchiata dal delitto. Presunto, in attesa del quinto grado.