Morti sospette in ospedale a Lugo, avviso di fine indagini per l'ex direttrice sanitaria

L'ipotesi di reato: omissione di atti d'ufficio legata all'autopsia interna eseguita su una paziente uccisa con una iniezione letale di potassio

L’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo (foto Scardovi)

L’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo (foto Scardovi)

Ravenna, 31 luglio  2015 - Omissione di atti d'ufficio legata all'autopsia interna eseguita, sebbene le indicazioni contrarie formulate da dirigenti Ausl che indicavano l'eventuale l'intervento della magistratura, su una paziente uccisa con una iniezione letale di potassio. È l'ipotesi di reato per la quale la Procura ravennate ha notificato un avviso di conclusione indagine all'allora direttrice sanitaria dell'ospedale «Umberto I» di Lugo, una 56enne originaria di Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena) ma residente a Bologna e difesa dall'avvocato bolognese Maurizio Merlini. Il fascicolo, secondo quanto riportato dalla stampa locale, è costola del procedimento che dal 16 ottobre prossimo vedrà la ormai ex infermiera 43enne Daniela Poggiali davanti alla Corte d'Assise di Ravenna con l'accusa di avere ucciso la paziente 78enne Rosa Calderoni iniettandole una fiale di potassio dal deflussore della flebo la mattina dell'8 aprile 2014.

Giusto il giorno prima, in una riunione convocata alla luce dello strano tasso di mortalità rilevato nei turni della 43enne, sia il direttore sanitario dell'Ausl Romagna che la direttrice della Medicina Legale di Ravenna, in presenza della 56enne e di altri dirigenti, avevano proibito ulteriori autopsie interne. Nonostante ciò, l'esame autoptico fu eseguito lo stesso sulla Calderoni senza che fosse avvisata la magistratura. In tale contesto, erano stati indagati per omesso referto anche il direttore di reparto, la Medicina Interna (è un 66enne originario di Palermo ma residente a Bologna) e un suo medico, un 61enne di San Lazzaro di Savena (Bologna). Per quest'ultimo il fascicolo, è stato stralciato. Mentre per il primo è stato assorbito da un avviso di conclusione indagine recapitatogli di recente sempre nell'ambito degli accertamenti dei carabinieri del nucleo Investigativo coordinati dai Pm Alessandro Mancini e Angela Scorza: ora però il reato contestato è l'omicidio volontario per non avere adottato tutte le misure necessarie a impedire l'uccisione della Calderoni. Stessa accusa di fine indagine anche per l'allora caposala, una 60enne originaria di Copparo (Ferrara) ma residente a Fusignano ( Ravenna) e da poco in pensione.