Rimini, 29 agosto 2017 - Ora che sono arrivati anche i familiari dalla Polonia, stanno un po’ meglio. Le ferite al volto e al corpo guariranno presto. Quelle nell’anima, per i due turisti polacchi aggrediti venerdì notte a Miramare non si rimargineranno mai. I ragazzi vogliono solo tornare al più presto a casa, ma resteranno ancora alcuni giorni ricoverati all’ospedale Infermi di Rimini. E da ieri non sono più soli: in tarda mattinata sono arrivati la madre di lui e il fratello di lei. I familiari hanno anche scambiato qualche parola con il vice sindaco Gloria Lisi, andata a trovare i ragazzi insieme all’assessore Jamil Sadegholvaad.
«Grazie Rimini, grazie per quello che avete finora per i nostri ragazzi», hanno ripetutamente detto i familiari dei giovani. Che chiedono il rispetto assoluto della loro privacy. «Non vogliamo che in Polonia si sappia cosa ci è successo, vogliamo solo metterci alle spalle questo incubo». Anche se sono le vittime, vivono la tragedia come una vergogna. E hanno paura di essere riconosciuti, una volta a casa. Ma vogliono mantenere i rapporti con i medici di Rimini, che «ci seguono con grande professionalità e cura», e tornare a farsi visitare qui nei prossimi mesi. Il ragazzo dovrà farsi operare al naso, ma già ieri un medico dell’Infermi è intervenuto con un piccolo intervento per trattare la frattura.
Il capo della procura. "Soluzione in tempi brevi"
Dalla Polonia arriveranno tra oggi e domani un giudice istruttore e alcuni investigatori, che affiancheranno i colleghi italiani nelle indagini. A inviarli a Rimini è stato il ministro della Giustizia polacco Zibgniew Ziobro, che ha subito aperto un’indagine sull’accaduto. «Quest’azione rapida è dettata dalle circostanze, vogliamo raccogliere in tempi veloci le prove». E il vice ministro, Patryk Jak, non ha fatto giri di parole: «Per le bestie di Rimini dovrebbe esserci la pena di morte – scrive su Twitter - anche se per questo caso vorrei ripristinare la tortura».
E ha dichiarato, sul quotidiano conservatore Rzeczpospolita: «Non lasceremo questa cosa agli italiani. Vogliamo portare in Polonia questi criminali e sbatterli nelle nostre prigioni». A Rimini sono già arrivate televisioni e quotidiani polacchi per seguire la vicenda. Ma le due vittime del branco chiedono solo il silenzio intorno a loro. «E’ stato un incontro choccante e commovente con loro – racconta la Lisi – Al mattino avevo incontrato prima i rappresentanti di Diocesi, sindacati e varie associazioni riminesi, che si sono impegnate a fare una raccolta fondi e avevano proposto altre iniziative, tra cui una manifestazione di solidarietà in spiaggia per i ragazzi. Ma i due giovani ci chiedono espressamente di non fare alcun evento pubblico. Non vogliono essere riconosciuti».