Rovigo, l’ostrica rosa, la perla del Delta. "Più buona di quelle francesi"

Alessio Greguoldo le alleva con una tecnica unica al mondo nella Sacca degli Scardovari. Il gourmet Massobrio. "Ottime con il formaggio"

Il giovane imprenditore Alessio Greguoldo  nel suo impianto  di Scardovari

Il giovane imprenditore Alessio Greguoldo nel suo impianto di Scardovari

Rovigo, 28 maggio 2017 - Un’ostrica bella e preziosa come un gioiello culinario, simbolo di salute in tavola e che ora diverrà ancora più buona e gustosa mediante un processo completamente ecocompatibile basato sulla forza solare. Questo cibo considerato prezioso, chic e afrodisiaco irrompe nell’economia del Polesine. E il mollusco ‘rosa’ made in Italy, coltivato nel delta del Po, fa addirittura concorrenza a quello francese, battendolo a quanto pare per gusto e polposità.

Ma nessuno potrebbe immaginare che la ‘perla del Delta’ come è stata definita, è un’ostrica brevettata in Francia, prodotta in Italia nella laguna di Scardovari, Patrimonio Unesco e Riserva della Biosfera. Infatti porta il marchio d’Oltralpe l’idea di un progetto innovativo, frutto della collaborazione di uno dei più grossi produttori di ostriche della Francia, Florent Tarbouriech, noto per essere l’inventore di un metodo di allevamento esclusivo che produce le famose ostriche rosa, e il giovane imprenditore polesano Alessio Greguoldo appoggiato dal Consorzio dei Pescatori del Polesine. Fondamentale è stata al scelta del luogo di coltivazione, la Sacca di Scardovari, una laguna di circa tremila ettari tra il fiume e il mare dove da decenni si coltivano cozze e vongole.

Ha fatto colpo ai francesi questo ‘tesoro’ ambientale legato ad un business collaudato, essendo uno dei centri più importanti di tutta Italia: infatti la cooperativa dei pescatori di Scardovari mette in vendita tra le 12 e le 13mila tonnellate di molluschi ogni anno. L’ostrica rosa la raccomanda il critico enogastronomico Paolo Massobrio, noto per avere fondato il ‘club Papillon’ essendo anche l’ideatore e l’organizzatore della rassegna ‘Golosaria’ che quest’anno si è tenuta a Padova e si concluderà oggi.

«Penso molto bene dell’ostrica rosa – afferma Massobrio – di questa sinergia franco-italiana. Del resto l’Italia è il Paese della contaminazione culturale, dell’innovazione e non a caso siamo i campioni della biodiversità anche nel campo del pesce». A Padova nella tre giorni di ‘Golosaria’ sempre restando in tema di molluschi, la protagonista è stata la vongola di Chioggia. «In Fiera – sottolinea Massobrio – per la prima volta si è presentata l’associazione dei vongolari, l’obiettivo è comunicare la tracciabilità delle vongole. Chissà, anche a Chioggia potrebbe nascere la vongola rosa, col sistema usato per l’ostrica».

Questa filiera dell’ostrica rosa, come si inserisce nel panorama enogastronomico italiano? « La storia italiana del cibo e anche del vino – commenta Massobrio – è una storia di distinzione, si cerca infatti una maggiore distinzione qualitativa, quindi ben venga il mollusco rosa frutto di un’esperienza di novità». Non resta che lanciare una ricetta a base di ostriche rosa. Come le utilizzerebbe un gourmet come lei? «Me le immagino in una zuppa bianca molto leggera, una zuppa a base di latticini non molto invasivi. Il formaggio col pesce – conclude Massobrio – è un abbinamento di alta cucina e sicuramente valorizza la delicatezza di questo tipo di ostrica».