Preso il piromane di Porto Viro, voleva vendicarsi per una rissa

L’uomo, 37 anni, tradito dalle telefonate. Per lui l’obbligo di dimora FOTO L'incendio

Porto Viro, l'incendio appiccato dal piromane

Porto Viro, l'incendio appiccato dal piromane

Porto Viro (Rovigo), 24 aprile 2016 - Una faida tra famiglie che è sfociata in un rogo. Questo il movente dietro l’incendio (foto) che lo scorso febbraio ha avvolto nelle fiamme quattro auto, una centralina dell’Enel, un palo della luce e la facciata di un condominio in via Luigi Savoia, a Porto Viro.

Una faida sfociata in una violenta rissa, a sua volta degenerata nella ‘vendetta’ incendiaria, che ha gettato nel panico la comunità del paese.

Sin da subito i carabinieri della stazione di Porto Viro, guidati dal maresciallo Emanuele Salvagnin, coadiuvati dal maresciallo Paolo Colucci, comandante del Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Adria, e dal capitano Davide Onofrio Papasodaro, comandante della Compagnia, avevano notato il collegamento tra i due episodi.

Il primo, la rissa appunto, aveva avuto luogo a fine gennaio ed era divampata in un locale di Porto Viro. A brandire pugni e coltelli furono due fratelli del paese, la loro madre e un uomo, 37 anni, di Chioggia, tutti arrestati in flagrante. Il diverbio, in origine, sarebbe divampato tra uno dei due fratelli e il chioggiotto, per poi coinvolgere anche i parenti del primo.

Dal momento che tra le auto danneggiate c’erano quelle dei due fratelli, i sospetti sono da subito ricaduti sul 37enne di Chioggia. Proprio a causa della rissa infatti, quest’ultimo era stato sottoposto all’obbligo di firma; non era escluso quindi che fosse tornato in paese per vendicarsi. Sicuro di sé, visto che la videosorveglianza non era presente nella strada del rogo e ‘coperto’ dalla scarsa collaborazione del paese, il piromane pensava di farla franca. Ma si è tradito.

Grazie alle intercettazioni telefoniche, alle telecamere private di un negozio della zona e al ritrovamento di una tanica di benzina nel suo garage, analizzata dal Ris di Parma, i carabinieri hanno ottenuto tutte le prove necessarie per incriminarlo.

Si tratta di Massimo Sette, 37 anni, chioggiotto che ora è stato sottoposto all’obbligo di dimora a Chioggia e al divieto di uscita nelle ore notturne dal gip di Rovigo. Dovrà inoltre comunicare tutti i suoi spostamenti all’autorità giudiziaria. La misura potrebbe anche aggravarsi, dal momento che già quella imposta dopo la rissa era stata violata.

Le indagini comunque proseguono: se da un lato pare evidente che l’incendio fosse stato appiccato materialmente dal 37enne, non è escluso che l’uomo abbia avuto dei complici o comunque dei ‘sostenitori’ pronti ad aiutarlo, magari con gli spostamenti e il reperimento del materiale incendiario.