Amianto killer, risarcimento senza precedenti

La Corte d’Appello ha stabilito che l’indennizzo al malato non può andare decrescendo dalla scoperta della malattia alla morte.

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di Marina Verdenelli

La morte per amianto, che porta chi ne è colpito ad una lunga sofferenza che si accentua maggiormente negli ultimi giorni di vita, non può essere paragonata ad una qualsiasi morte sul posto di lavoro. Di conseguenza anche l’indennizzo giornaliero che spetta al malato dal giorno in cui scopre la malattia fino alla fine dei suoi giorni di vita non può andare decrescendo come è stato fino ad oggi prendendo a riferimento dei tabellari elaborati fino al 2018. Lo ha stabilito la Corte di Appello di Ancona, accogliendo il ricorso dei familiari di un operaio che ha lavorato alla Fincantieri, che ha stabilito quale indennizzo giornaliero 800 euro che avrebbe dovuto prendere fino all’ultimo giorno di vita. Una sentenza che farà strada ora ad altre cause.

"E’ la prima volta che viene riqualificata una liquidazione ad un morto da amianto – spiega l’avvocato Ludovico Berti, che ha presentato il ricorso per la famiglia anconetana, gli eredi dell’operaio poi deceduto – la sentenza sarà anche pubblicata". A vincere il ricorso sono stati gli eredi di un anconetano che aveva lavorato alla Fincantieri di Ancona dal 1952 al 1959, per sette anni, per ditte in subappalto. Prima come apprendista con l’incarico di consegnare materiali a bordo nave e a terra e poi come addetto agli allestimenti di bordo con l’incarico di passare i tubi che andavano nei pannelli di amianto vietati solo dopo il 1990.

L’operaio era stato esposto alle particelle di amianto perché era lui che attendeva che venissero fatti i fori nei pannelli per far passare poi i tubi. La malattia l’aveva scoperta a maggio del 2010, a tanti anni dall’esposizione come purtroppo è la prassi per le patologie scaturite dal minerale killer che non lascia scampo a chi si ammala. Un anno e mezzo dopo, il 21 ottobre del 2011, l’operaio è morto all’età di 76 anni.

La Fincantieri, nel primo grado di giudizio, davanti al giudice del lavoro, era stata chiamata a rispondere dell’ambiente di lavoro non salubre nello stabilimento del porto dorico anche se il 76enne non lavorava direttamente per loro ma era assunto da due ditte che lavoravano in subappalto per il cantiere navale, occupandosi della finitura delle imbarcazioni in costruzioni. In appello, riformando la sentenza, è stata stabilita la liquidazione con criteri nuovi e maggiormente a garanzia del malato che è spirato prima di vedersi riconosciuto l’indennizzo economico.

"Abbiamo fatto il ricorso – spiega Berti – perché la sofferenza di un malato di amianto è maggiore mano a mano che si avvicina alla morte. Parliamo di persone che perdono anche 40 chili di peso e sentono dolori atroci, molto di più che nei primi giorni di malattia. Il criterio risarcitorio però, tenendo conto delle tabelle giurisprudenziali del tribunale di Milano, faceva scendere la cifra giornaliera prevista come risarcimento al malato con valori che scendevano sotto i cento euro per gli ultimi giorni di vita. Adesso è stato tenuto conto della particolarità del caso e della sofferenza".

Il danno terminale che per l’appello è di 800 euro al giorno, senza scendere di cifra mano a mano che il malato si avvicina alla morte. Fincantieri ha già pagato la differenza, pari a 350mila euro che andranno a moglie e figli.