Antonio ed Emanuele: "Un dramma familiare"

Padre e figlio perderanno il posto: "Una notizia terroristica, un Natale terribile. Assurdo che una multinazionale dopo 25 anni di profitti decida di chiudere così"

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adi Sara Ferreri

Antonio ed Emanuele sono padre e figlio di una famiglia numerosa e sono le uniche fonti di reddito ma ora contemporaneamente per entrambi è arrivata la mannaia del licenziamento. Ieri mattina Antonio ed Emanuele Argiolas, 47 anni il padre, 25 il figlio erano davanti ai cancelli per lottare per il loro posto di lavoro davanti allo stabilimento Caterpillar di via Roncaglia. Il papà Antonio, origini sarde, fisso da oltre 12 anni il figlio da maggio, il figlio Emanuele uno di quegli interinali che ambivano all’assunzione.

"Questa notizia terroristica - spiega Antonio – ci è arrivata tra capo e collo poco dopo che abbiamo ricevuto la busta paga venerdì scorso. Oltre ad Emanuele ho tre figli, due ancora piccoli di 11 e 14 anni".

Se gli chiedi come ha spiegato ai suoi figli a pochi giorni dal Natale la terribile notizia della chiusura dello storico stabilimento lui non riesce a rispondere. La voce si spezza, gli occhi si riempiono di lacrime e si volta dall’altra parte. "Natale.. che Natale sarà questo" dice sottovoce mentre dietro di lui si levano forti le grida: "Vergogna", "Vergogna" e "Noi non molleremo mai" davanti ai microfoni di La Sette.

"Questo non è stato il mio primo lavoro – aggiunge il giovane Emanuele – ma sicuramente il migliore. Perché qui ho trovato una grande famiglia. Sono stato accolto molto bene mentre in altre realtà mi sentivo solo un numero.

Una sensazione di calore che si è trasformata in gelo venerdì quando anche qui in Caterpillar ci siamo trasformati in numeri. Quando l’ho saputo venerdì sono rimasto di stucco, lo trovavo e lo trovo inconcepibile. Trovo assurdo che una multinazionale possa venire, acquisire un’azienda storica dove si lavora come in una grande famiglia e poi dopo 25 anni con un profitto ottimo e la promessa di assumere anche un 20 per cento degli interinali decida di chiudere tutto". La preoccupazione è soprattutto per suo padre: "Io potrà cercare un altro lavoro anche se questo territorio continua a perdere occupazione, ma mio padre ha 47 anni e una famiglia da sostenere.

Chiediamo solo di tornare al nostro lavoro che ci riusciva molto bene e che rendeva sano un territorio". E’ solo una delle tante storie che solo stando anche pochi minuti davanti a quei cancelli si possono ascoltare. Storie che toccano che commuovono e che hanno bisogno di essere ascoltate e raccontate. Un angolo di umanità che sgorga spontaneo dopo le frasi gelide del nuovo direttore dello stabilimento Jean Mathieu Chatain: "I cilindri a cui lavorate sono ormai divenuti merce e costa meno farlo altrove".