"Avevo chiesto di chiudere la Lanterna"

Processo bis per la strage di Corinaldo, il maggiore Bucci: "C’erano ragazzi che parlavano di atto terroristico"

Migration

di Marina Verdenelli

"Non riuscivo ad andare oltre la strada perché era sbarrata da una massa di persone. Ho dovuto proseguire a piedi e dopo cinquanta metri ho visto due sanitari che facevano le manovre per rianimare due ragazze, una era Emma Fabini, l’altra Asia Nasoni, arrivata da pochissimo. C’erano altri gruppi che mano a mano portavano altre persone. Uno che reggevano aveva il volto nero e gli occhi sbarrati, gli misi la mano al collo ma non aveva più battito. Era Daniele Pongetti. Un medico in borghese ha usato anche il defibrillatore ma mi fece un segno con gli occhi per farmi capire che era deceduto". Il processo bis sulla strage di Corinaldo ieri ha visto salire sul banco dei testimoni l’ex comandate della Compagnia dei carabinieri di Senigallia, il maggiore Cleto Bucci.

Il militare ha ripercorso i momenti più vivi di quanto accaduto la notte tra il 7 e l’8 dicembre del 2018 alla discoteca Lanterna Azzurra, dove morirono, schiacciati da una folle in fuga per lo spruzzo di spray al peperoncino, cinque minorenni e una mamma di 39 anni. Il maggiore ha detto in aula, invitato a riferire sui fatti dai pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai, di essere arrivato alla Lanterna attorno all’1.10, dopo che il figlio del suo autista aveva telefonato al padre dicendogli che era successo qualcosa di molto grave. "Inizialmente abbiamo pensato ad una rissa – ha detto il maggiore – perché in passato era accaduto ma arrivato lì era ben altro. I primi ragazzi che ho incrociato dicevano che c’era stato un atto terroristico, altri che era stato usato del peperoncino. Ho contattato la sala operativa per far arrivare su quante più ambulanze possibili, specificando che servivano i medici perché appena arrivato c’erano sì e no solo due ambulanze". Bucci ha raccontato anche come, nel 2015, avevano inviato una informativa alla questura per far chiudere il locale, perché non rispettava la capienza e il dare da bere ai minorenni ma "la chiusura di cinque giorni fu poi disposta solo dopo un esposto dei genitori più che per la nostra segnalazione". Il processo in corso davanti alla giudice Francesca Pizii è quello che dovrà accertare le responsabilità sulla sicurezza della discoteca e sui permessi che ne hanno consentito l’apertura e l’intrattenimento come locale per pubblico spettacolo. Imputati ci sono i membri della commissione di vigilanza che aveva rilasciato la licenza: l’ex sindaco di Corinaldo Matteo Principi, il vigile del fuoco Rodolfo Milani, Francesco Gallo dell’Asur Area Vasta 2 Senigallia, Massimiliano Bruni, perito esperto di elettronica, Stefano Martelli della Polizia Locale e Massimo Mamma responsabile del Suap. E ancora la società Magic srl che gestiva il locale, uno dei soci, Quinto Cecchini, Francesco Tarsi, ingegnere ingaggiato dalla società e Maurizio Magnani, tecnico della famiglia Micci proprietaria dell’immobile. Il maggiore Bucci, interpellato dalle difese degli imputati, ha sottolineato come la discoteca su cui era entrato nel 2015 era molto cambiata rispetto a quella poi vista la notte della tragedia. Poi si è soffermato sulle vittime. "Le salme arrivavano in ospedale senza nome – ha detto il maggiore – l’ultima recuperata a Corinaldo fu quella di Benedetta Vitali, poco prima Eleonora Girolimini sulla quale non si sono potute fare le pratiche rianimatorie perché era già evidente che era deceduta".