Ex Tubimar, lo scheletro dopo il rogo: "Tranquilli, parte la demolizione. Ma la bonifica del sito è delicata"

A quattro anni dal devastante incendio, ciò che resta della struttura nello scalo dorico è ancora lì. L’Authority rassicura: "Le cose procedono a rilento perché ci sono ancora delle vertenze in corso".

Ex Tubimar, lo scheletro dopo il rogo: "Tranquilli, parte la demolizione. Ma la bonifica del sito è delicata"

Ex Tubimar, lo scheletro dopo il rogo: "Tranquilli, parte la demolizione. Ma la bonifica del sito è delicata"

Ex Tubimar, iniziata con alcune opere propedeutiche la delicata demolizione di ciò che resta dei capannoni accartocciati dalle fiamme che il 15 settembre del 2020 distrussero parte dell’area portuale tra Nuova Darsena e Zipa. A confermarlo è il presidente dell’Autorità portuale di Ancona, Vincenzo Garofalo, che ieri ha anche comunicato il buon andamento del Dpss, il Documento di programmazione strategica inviato alla fine del 2023, con tutte le prescrizioni e le modifiche del caso, al Ministero per le Infrastrutture. Dentro quel documento c’era il futuro prossimo del porto di Ancona, propedeutico alla stesura del nuovo Piano regolatore, vecchio ormai di quarant’anni: "Il 16 aprile il Ministro Salvini ha firmato il decreto che dà il via libera al Dpss, un’ottima notizia che dà slancio alle future pianificazioni" afferma il presidente Garofalo.

Il leader dell’Authority dorica torna poi sull’ex Tubimar: "I lavori di preparazione sono giù stati applicati, penso ai pannelli protettivi montati su una parte del perimetro per garantire la sicurezza generale e della parte buona del manufatto. Le cose procedono a rilento perché ci sono ancora delle vertenze e dei procedimenti in corso che rallentano – sono le parole di Garofalo – Avremmo voluto sbloccare tutto ciò molto prima, ma adesso le cose si stanno muovendo".

In effetti qualche cambiamento nell’area incriminata si sono iniziati a vedere, come se tutto fosse pronto per l’intervento decisivo. Dopo oltre tre anni e mezzo da quella notte da incubo in cui un pezzo di porto andò in fiamme, le lamiere contorte a formare sinistre sagome all’interno dei capannoni dove l’incendio non ha lasciato scampo raccontano di un iter lento e complesso. Prima di demolire le parti pericolanti e radere tutto al suolo c’è bisogno di una parte molto delicata dell’intervento: "È chiaro che la parte centrale dell’intervento sia quella della demolizione delle parti ferrose – aggiunge il capo dell’Autorità di Sistema Portuale del Medio Adriatico – ma prima vanno rimossi tutti i materiali di risulta rimasti sul pavimento dei capannoni bruciati. Una sorta di bonifica su cui sono in corso delle analisi portate avanti collegialmente da tutti gli attori coinvolti nelle procedure demolitorie e di ripristino. È in corso un dialogo fitto per capire come intervenire e toccando a noi fare pulizie ci sono dei dettagli importanti da fissare bene. Stiamo sollecitando tutti, speriamo di poter concludere quell’intervento entro il più breve tempo possibile".

Al momento della demolizione vera e propria, probabilmente entro la fine dell’anno, sarà importante anche la protezione dell’ambiente limitando la dispersione delle polveri legate anche alla vecchia combustione del capannone.