Il femminicidio di Osimo: "L’ha massacrata di botte davanti alle due figliolette: la condanna è l’ergastolo"

La Procura ha chiesto il massimo della pena per Tarik El Ghaddassi, 42 anni "Era malato di gelosia nei confronti della moglie Ilaria Maiorano: nessun dubbio".

Il femminicidio di Osimo: "L’ha massacrata di botte davanti alle due figliolette: la condanna è  l’ergastolo"

Il femminicidio di Osimo: "L’ha massacrata di botte davanti alle due figliolette: la condanna è l’ergastolo"

"Malato di gelosia, con una furia omicida che ha cercato anche di cancellare le tracce del reato. Non c’è nessun germoglio di ragionevole dubbio sulla sua responsabilità. La condanna deve essere l’ergastolo". La Procura ha chiesto il carcere a vita per Tarik El Ghaddassi, il 42enne marocchino accusato di aver ucciso la moglie Ilaria Maiorano, 41 anni, trovata morta la mattina dell’11 ottobre del 2022 nella loro abitazione di Padiglione di Osimo. L’uomo l’avrebbe picchiata a morte, con le due figlie minorenni presenti (avevano meno di dieci anni all’epoca dei fatti). Per la procuratrice aggiunta Valentina D’Agostino, che ieri ha fatto una requisitoria di oltre un’ora, "le bambine hanno visto" quando il padre percuoteva la loro mamma "immotivatamente geloso". Tarik avrebbe anche tentato "di cancellare le tracce del reato" pulendo in maniera grossolana le pareti con le macchie di sangue presenti quasi in tutta casa e perfino con schizzi sul soffitto. La procuratrice aggiunta ha parlato anche di "atteggiamento omertoso dei testimoni" riferito in particolare a tre parenti del marocchino e per i quali ha anticipato che invierà gli atti in Procura per valutare le loro posizioni.

Il processo a carico del 42enne, davanti alla Corte di Assisi di Ancona, è arrivato alle battute finali e ieri si è aperta la discussione. Dopo la requisitoria dell’accusa è toccato agli avvocati di parte civile, Enrico Ciafardini e Giulia Marinelli, che rappresentano i familiari e le bambine minorenni della coppia, queste ultime affidate ad un tutore, l’avvocato Arianna Benni. Hanno chiesto la condanna associandosi alle richieste della Procura. L’arringa della difesa invece, rappresentata dall’avvocato Domenico Biasco, ha chiesto l’assoluzione per il capo di imputazione dove si contesta al suo assistito l’omicidio volontario pluriaggravato dalla crudeltà, dai futili motivi, dai maltrattamenti, dalla presenza delle figlie minorenni e da quella di aver commesso il fatto durante l’esecuzione di una pena visto che era agli arresti domiciliari per un’altra causa. L’avvocato punta all’omicidio preterintenzionale, senza la volontà di voler uccidere la moglie. Rivolgendosi infatti alla Corte il legale ha detto: "Valutate bene gli accertamenti del dolo". Per l’avvocato "le bambine non hanno visto, nell’incidente probatorio dicono ’eravamo in salotto, eravamo di sotto’ (la casa era a due piani, ndr), hanno assistito solo alla parte finale della mattina quando sono state chiamate le forze dell’ordine e il padre cercava di rianimare Ilaria". "Abbiamo sentito tantissime suggestioni – ha aggiunto il legale – ma le prove sono un altro conto. Le scale non hanno nessuna incidenza nella determinazione dei fatti". L’imputato ha sempre negato di aver ucciso la moglie, ha parlato di un litigio, di lei caduta dalle scale nella concitazione della lite ma poi era tornata a dormire con le sue gambe, chiudendosi in camera da letto. Proprio in camera è stata trovata morta al mattino, con la porta sfondata, il corpo in una pozza di sangue, tumefatto di lividi, anche sul viso. Le perizie dei medici legali avevano stabilito che la donna è morta per una vastità di lesioni "non causate da un corpo contundente ma da pugni e calci dati a gran mole tanto da causarle un trauma cranico, uno choc emorragico e un soffocamento con il suo stesso sangue". Un’agonia durata dieci ore. L’udienza è stata rinviata all’11 giugno per repliche e sentenza.

Marina Verdenelli