"Il mio docufilm sull’eredità contesa"

E’ stata presentata ieri al Cinemazzurro di Ancona la pellicola che racconta la vicenda di Dina Catalucci

"Il mio docufilm sull’eredità contesa"

"Il mio docufilm sull’eredità contesa"

Gabriele Schiavoni l’aveva promesso: realizzare un docufilm per raccontare la storia di Dina Catalucci, anconetana deceduta a 90 anni in una casa di riposo. Era il 2010. Una donna rimasta sola: morto il marito, l’ex presidente della Provincia Vincenzo Zingaretti; morta la figlia, da tempo ricoverata in una struttura psichiatrica specializzata. Una donna sola, ma non povera. Al contrario. E’ proprio il suo patrimonio (tre appartamenti e 700mila euro) ad aver scatenato una vicenda complicata, fatta di vicende giudiziarie e ‘umane’ di cui il Resto del Carlino si è occupato più volte, e di cui il film di Schiavoni, noto come regista e come gestore del Museo del Giocattolo, che qualche anno fa si è trasferito da Ancona a Senigallia, fornisce un quadro sintetico ma significativo.

Ieri al Cinemazzurro è stata proiettata una versione ‘provvisoria’ del docufilm, che ha ancora bisogno di qualche ritocco tecnico (soprattutto dal punto di vista dell’audio) prima di essere proposto ai maggiori festival, a cominciare da quello di Venezia. "Ho affrontato delicatamente la vicenda – spiega il regista, che ha realizzato ‘I Girasoli di Pietra - Nel nome di Dina’ insieme a Giovanni Scarpetta – non concentrandomi sulle carte processuali, ma raccontando la storia dei personaggi. Sì, i toni in alcuni punti sono forti, come quando si parla di un patrimonio scomparso, di un testamento che non ha rispettato la volontà di Dina".

E qui sta il punto. La signora Catalucci intendeva lasciare tutti i suoi beni a Schiavoni, affinché li gestisse in vista di una donazione ai poveri e ai bisognosi. Invece spunta fuori una nipote, spariscono 700mila euro e gli immobili finiscono nelle mani del Comune. Come l’appartamento in via Frediani, dove c’è l’intenzione di trasferirvi alcuni uffici comunali. Ma come nasce il rapporto tra la signora Dina e Schiavoni? Grazie al comune amore per i cani. Il regista era andato da lei per aiutarla con la sua cagnetta Lilla. La portava fuori, la faceva giocare. Nasce così un rapporto di fiducia, che ha come frutto un testamento scritto di suo pugno. Sia chiaro: Schiavoni non avrebbe ricevuto nulla. Doveva solo gestire il passaggio del denaro e dei beni immobili alle associazioni che si occupano dei bisognosi, comprese quelle per la tutela degli animali. Le cose sono andate diversamente. Ma Schiavoni continua la sua battaglia. Anche tramite il film, in buona parte costituito da filmini d’epoca in super 8 che raccontano brandelli della vita di Dina e di sua figlia, ma anche dell’Ancona di una volta. "Ho ricostruito la vita nell’Ancona del dopoguerra, un periodo felice per Dina. C’è anche un filmato con la sua vera voce. Il film vuole essere un omaggio a lei e alla sua famiglia. Ogni tanto ci sono momenti che si riferiscono alla vicenda giudiziaria, come quelli in cui compare l’attrice Giorgia Di Girolamo, molto brava, nei panni di una giornalista che scrive un articolo su quanto successo".

I due protagonisti sono lei e lo stesso Schiavoni: "Se qualcun altro avesse interpretato il mio ruolo sarebbe suonato ‘falso’. Anche per questo c’è la mia voce, non doppiata".

Raimondo Montesi