"La casa di Ilaria era ’proibita’ per noi familiari"

Omicidio di Ilaria Maiorano, ieri hanno testimoniato la mamma e il fratello della donna così come la madre dell’imputato

"La casa di Ilaria era ’proibita’ per noi familiari"

"La casa di Ilaria era ’proibita’ per noi familiari"

Non frequentavano casa sua la madre e il fratello di Ilaria Maiorano e quando il genitore provava a farle capire che voleva andare a trovarla lei rispondeva "è meglio che non venite, veniamo noi". Il noi erano lei e le due bambine. Il marito, Tarik El Ghaddassi, "l’ho visto solo due volte in dieci anni" ha detto la madre di Ilaria, ieri, sentita come testimone nel processo per l’omicidio della figlia avvenuto l’11 ottobre del 2022 a Padiglione. In Corte di Assise è stata la volta dei familiari della vittima a essere ascoltati in aula. La mamma Silvana Salvatore e il fratello Daniele Maiorano hanno descritto una situazione in cui era Ilaria ad andare a casa loro ma loro da lei mai. "Forse avrei visto qualcosa che non dovevo vedere - ha riferito la madre -. Nel 2017 mia figlia era incinta e avevo letto sul giornale che il marito aveva fatto violenza a una ex ragazza con cui aveva avuto una relazione. La chiamai e le dissi di lasciare Tarik ma lei mi rispose che erano menzogne". Ilaria andava a casa della madre e del fratello una volta a settimana "ma guardava sempre l’orologio" ha detto la madre. Lividi addosso li avrebbe visti solo una volta ma la figlia aveva fornito una blanda spiegazione. Nemmeno con il fratello si sarebbe mai confidata. Lui nella casa di Padiglione è stato una volta sola ma non era una casa abitabile e la sorella le disse che era in lista per la casa popolare. Daniele non ha mai visto lividi sulla sorella. In aula è stata sentita anche la madre di Tarik, il marocchino è accusato di omicidio volontario pluriaggravato (è in carcere), e a cui aveva telefonato la mattina in cui Ilaria è stata trovata morta. La madre era in Marocco. Alla teste è stato chiesto conto di una intercettazione fatta in carcere quando parlando col figlio gli disse la frase "l’hai ammazzata di botte". La donna ha risposto alla procuratrice aggiunta Valentina D’Agostino che quello era un modo di dire marocchino per dire "picchiata". Con i tre testimoni si è chiusa l’istruttoria e il 7 maggio inizierà la discussione per arrivare a sentenza l’11 giugno. La difesa punta alla tesi dell’omicidio preterintenzionale. "Sicuramente la signora è morta - ha osservato l’avvocato Domenico Biasco - ma dobbiamo capire se è morta per una azione volontaria oppure no. I consulenti di parte lo hanno già detto, con le ecchimosi è difficile morire. Soccorrerla? La signora si è chiusa nella camera delle bambine, con quali superpoteri poteva farlo?".

Marina Verdenelli