"Marittimo morto, processate il comandante"

Luca Rizzeri, 33 anni, venne colpito al porto dorico da un cavo spezzatosi durante la manovra di attracco della nave portoghese

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di Marina Verdenelli

Morte di Luca Rizzeri, la Procura chiede il processo per il comandante della nave portacontainer Bf Philipp (battente bandiera protoghese) dove una delle cime di attracco si spezzò repentinamente il 10 giugno di due anni fa, nella fase di ormeggio, uccidendo con una frustata alla testa l’agente marittimo di 33 anni, padre di due bambini. Un incidente il cui ricordo è ancora vivo al porto dorico. Un anno fa il pm Rosario Lioniello aveva chiuso l’indagine con in mano una consulenza tecnica sulla corda rotta fatta dall’ingegnere Pasquale Frascione che rilevò come la cima si era spezzata perché completamente usurata, utilizzata da almeno 4-5 anni e quindi non idonea all’ormeggio in banchina.

Nelle pagine della consulenza il perito aveva evidenziato "gravi ammaloramenti su tutta la sua lunghezza, soprattutto nel punto di rottura". Le prove di trazione fatte per esaminare la corda avevano confermato come non erano adatte a sopportare quel carico. "Il cavo si è rotto – riporta la perizia – perché sollecitato da uno sforzo di trazione prodotto dal movimento della nave che non era in grado di sostenere". Una corda vecchia che non ha retto la trazione al momento dell’attracco anche perché fatto, sempre stando alla Procura, ad una velocità non adeguata ai presidi di bordo ed eccessiva. Il comandate è entrato in porto ad una "velocità eccessiva, decrescente ma pur sempre superiore allo zero – sostiene il pm nel capo di imputazione formulato – e comunque non proporzionata alle condizioni di usura dei cavi impiegati per l’attracco alle bitte esistenti".

Così la richiesta di un processo per il comandante Andriy Dolgushyn, 53 anni, originario della Russia ma residente in Ucraina, difeso dall’avvocato Alessandro Scaloni. Già fissata l’udienza preliminare che si terrà il prossimo 9 novembre. L’accusa per Dolgushyn è di omicidio colposo. I familiari della vittima, pronti a costituirsi parte civile, sono assistiti dallo Studio3A. Rizzeri lavorava per la ditta Archibugi, la Adriano e Armando Montevecchi, e quella mattina si trovava sulla banchina 23 della nuova darsena, al porto, in attesa di iniziare le operazioni di scarico del naviglio arrivato da Trieste. La portacontainer stava attraccando quando una cima, lo spring di prora, il primo cavo di ormeggio che era stato già assicurato alla bitta, si è spezzata raggiungendo una forza di quasi 15 tonnellate e colpendo l’agente marittimo sulla parte destra del collo. Rizzeri morì sul colpo lasciando la moglie Giuliana e i due loro bambini che oggi hanno 11 e 4 anni. "La famiglia – fa sapere lo Studio3A – nonostante le richieste avanzate sta ancora aspettando di essere equamente risarcita. La vedova confida di ricevere una risposta forte dalla giustizia per la perdita e che l’inchiesta porti i soggetti coinvolti, con particolare riferimento alla società armatrice della nave, ad assumersi le responsabilità sul fronte risarcitorio".