"Mia madre morta all’Inrca in 5 giorni Nessuna accusa, voglio solo la verità"

La denuncia di Manuela Lattanzi: "Continuavano a dirci che non aveva niente e che andava dimessa, poi la tragedia"

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di Pierfrancesco

Curzi

"Cos’è successo a nostra madre?". A chiedere una spiegazione su quanto accaduto è Manuela Lattanzi. La donna racconta al Carlino il dramma degli ultimi giorni di vita della madre e quello di lei e di sua sorella, passate prima come scocciatrici per aver ‘disturbato’ vari servizi sanitari e poi lasciate nel silenzio e senza spiegazione. In cinque giorni il passaggio dalla vita alla morte: "Prima ci hanno detto che lei non aveva niente e che non avremmo dovuto disturbare, prima il medico del 118 intervenuto a casa e poi una dottoressa all’Inrca, dove mia madre è morta – dice la Lattanzi – Poi quando, alla stessa dottoressa che aveva affermato ‘vostra madre non ha niente’, abbiamo chiesto conto sulle cause del decesso, ma né lei né altri ce le hanno sapute spiegare. Non vogliamo incolpare nessuno, vogliamo solo capire".

Tutto ha inizio il 20 giugno scorso: "Durante la visita di routine a domicilio – inizia il racconto della Lattanzi sulla vicenda – il medico di famiglia sente qualcosa di nuovo nel ritmo cardiaco e consiglia una consulenza cardiologa e, considerando la difficoltà di deambulazione e di mobilità, suggerisce il nome di un cardiologo che effettua visite a domicilio. Il pomeriggio del 22 il cardiologo effettua la visita. Una volta letta la relazione dello specialista il medico di base decide che la paziente va portata in ospedale per approfondire la situazione. Niente di grave, ma bisogna fare ulteriori accertamenti. Nelle 24 ore successive mia sorella chiama l’ambulanza per effettuare il trasporto. Il medico del 118, ineducatamente, maltratta mia sorella perché non doveva chiamarlo, sostiene che la paziente non ha niente di acuto e si rifiuta di trasportarla in ospedale. L’infermiere fa notare al medico che invece di polemizzare sul ‘chi’ avrebbe dovuto chiamare ‘che cosa’ forse è meglio concentrarsi sulla paziente. Si va all’Inrca. La dottoressa di guardia, dopo l’elettrocardiogramma la visita e ripete la tesi del collega del 118: ’La paziente non ha niente, il medico di famiglia si è sbagliato, il cardiologo non ha capito niente e comunque domattina la dimettiamo’. Il mattino seguente alle 8 io e mia sorella chiediamo di parlare con un medico per conoscere il mistero degli ECG contrastanti. Il tempo passa, mia sorella se ne va e resto io. Intorno alle 10,30 un’addetta ci informa che non sa se e quando potrò parlare con un medico. Le dimissioni? Forse rimandate al pomeriggio. La sera stessa mia sorella, non avendo ricevuto alcun avvertimento di dimissione, si presenta all’orario di visita e trova mia madre in evidente peggioramento rispetto al giorno prima. La dottoressa le chiede da quanto tempo la paziente avesse problemi di deglutizione, lei risponde che fino al giorno prima aveva sempre mangiato a casa sua, sul tavolo con forchetta e coltello, in autonomia. E comunque mamma sarebbe stata dimessa la mattina dopo perché ‘non ha niente".

In realtà le cose precipitano: "Intorno alle 4 del 25 giugno nostra madre ha cessato di vivere. Ci avvisano alle 6, piombiamo in ospedale e ci dicono che la salma è in obitorio. Chiediamo di sapere, di capire, ma la stessa dottoressa non parla".