VALERIO CUCCARONI
Cronaca

"Noi, portavoce del disagio giovanile"

Intervista al trio La Sad in concerto sabato al Mamamia di Senigallia: "Cantiamo tutto ciò che ci circonda"

I La Sad, ovvero il trio formato da Theø, Plant e Fiks:. in concerto al Mamamia

I La Sad, ovvero il trio formato da Theø, Plant e Fiks:. in concerto al Mamamia

"Non cambierò mai e poi mai e poi mai / E se mi vuoi diverso, fan...lo, goodbye", canta il gruppo emo-punk La Sad, in concerto al Mamamia di Senigallia sabato sera. Le parole sono contenute nella canzone "Goodbye", traccia n. 6 del loro ultimo album, "Odio La Sad". Potrebbe sembrare un urlo di disperazione qualsiasi e, in effetti, lo è, ma cantato con attitudine punk e, proprio per questo, in meno di cinque anni dalla loro costituzione, il trio formato da Theø, Plant e Fiks è diventato il "portavoce del disagio giovanile". Un ruolo fondamentale, in questo tempo nero, stando anche ai numeri del rapporto del Censis sulla situazione sociale italiana: il 58,1% dei giovani tra i 18 e i 34 anni si sente fragile, il 56,5% solo e il 69,1% ha bisogno di sentirsi rassicurato. La Sad non si limita a rassicurare ma offre una possibilità di rivendicare il proprio disagio, trovando così sollievo, come ci conferma Fiks.

È passato del tempo dal nostro ultimo dialogo per "Il Resto del Carlino". Come descrivereste l’evoluzione della vostra musica nelle ultime produzioni, come "Summersad 4" o il brano presentato a Sanremo, "Autodistruttivo"? Ci sono nuove influenze nella vostra musica? "Tutte le nostre influenze provengono da quello che viviamo, da ciò che siamo come persone. La Sad è l’unione di noi tre, che da punk e scappati di casa siamo cresciuti; abbiamo problemi generazionali diversi; ora siamo più responsabili. Dopo Sanremo, pur continuando a parlare di disagio, abbiamo elaborato una musica ascoltabile da più persone. La nostra evoluzione, come individui e come band, è continua".

I vostri testi affrontano temi come la depressione e la disperazione, con una introspezione e un’analisi delle proprie fragilità ancora maggiore. Si tratta solo di una vostra evoluzione personale o c’è una diversa prospettiva sulla realtà che vi circonda? "Deriva da tutto quello che ci circonda. Nell’ultimo disco abbiamo affrontato anche tematiche più politiche, problemi che affliggono tutte le persone, non solo noi che siamo considerati diversi. È la società che crea il diverso. Siamo stati stereotipati come persone diverse, solo perché non siamo come l’italiano medio, ma noi andiamo contro tutti gli stereotipi, contro tutte le persone che puntano il dito, contro chi inneggia alla guerra e chi discrimina".

Le persone si rispecchiano nelle vostre canzoni perché condividono esperienze simili. Oggi, con una maggiore consapevolezza sui temi della salute mentale, come vi ponete rispetto a questa responsabilità? "Ci sentiamo portavoce di tantissimi giovani che sono riusciti a uscire dai loro problemi, anche grazie alla musica. Molti si identificano nei nostri testi: ci scrivono un miliardo di ragazzi della nostra età, che sono riusciti a urlare il proprio dolore, a cui abbiamo dato una mano. C’è chi ha problemi in famiglia, chi a scuola; ci mandano foto e video, dicendoci che sono riusciti a salvarsi, ad avere sollievo. Noi, come abbiamo fatto a Sanremo, dove abbiamo portato tre ragazzi che hanno tentato il suicidio, consigliamo di chiamare qualcuno e, in particolare, di rivolgersi a Telefono amico, che, come altre associazioni, tratta i casi di tentato suicidio".