CLAUDIO DESIDERI
Cronaca

"Sarai belo te", si sorride in anconetano. Alla scoperta delle parole dialettali

Il volume è stato scritto da Marco Traferri che è un esperto di tecnologia e comunicazione.

La copertina del libro

La copertina del libro

In questo tempo in cui internet fa da padrone, dove il linguaggio più usato è quello del cellulare o del pc, dove sempre di meno si comunica da vicino guardandosi in faccia, parlare di dialetto o vernacolo sembrerebbe anacronistico, fuori completamente dal tempo.

Eppure non è così perché il dialetto è elemento fondamentale della cultura e della storia di un luogo, è qualcosa che identifica e appartiene solo ad un preciso ambito come i nomi dati ad un quartiere, ad un oggetto, ad un personaggio. Insomma identifica una certa area geografica.

Il dialetto e il vernacolo, la differenza tra i due risiede nel fatto che il secondo è più circoscritto rispetto al primo che interessa invece un’area più vasta, sono l’espressione di una comunità e a differenza della lingua italiana sono in grado di rappresentare persone, fatti, luoghi con un preciso profilo e soprattutto con una identità nota solo a chi la vive.

In questo piacevole contesto c’è un libro che più di altri è capace di farci comprendere la bellezza della lingua anconetana: "Sarai belo te. Un libro per sorridere in anconetano". Scritto da Marco Traferri Editore. Esperto di tecnologia, comunicazione e media Traferri nel 2005 ha aperto un blog www.saraibelote.it dove ha raccolto "tutte le espressioni, i modi di dire e i vocaboli più caratteristici e divertenti della sua città". Da questo lavoro è nato il libro dove ogni pagina, sono 224, reca un vocabolo o una espressione in vernacolo con sotto una traduzione in italiano che in modo sapiente e divertente ne illustra il significato.

"Bòca brència" - Espressione del viso che denota un indice di gradimento non proprio elevato. "Scupì" - Operatore ecologico. "Mucigòto" - Morso. "Caligò" - Eccessiva presenza di vapore acqueo nell’aria. "Sfòja" - Sogliola. "Me sa fadìga" - Mi dispiace molto.

E poi tantissimi altri ancora che come scrive Traferri nell’introduzione: "Ho scelto solo quelle espressioni, quei vocaboli e quei modi di dire che mi divertono e che mi mettono di buon umore. Ne troverete uno per pagina, accompagnati dalle definizioni scherzose che ho affibbiato loro e dai commenti più belli e divertenti che i lettori mi hanno inviato giorno dopo giorno". Un lavoro che raccoglie quindi anche il grande amore degli anconetani verso il loro specifico e unico vernacolo.

Sicuramente perché è vicinissimo alla vita quotidiana e verace della gente e rappresenta una identità, una cultura, una storia che è solo dell’anconetano. La sua ricchezza, varietà, bellezza e significato non dovrebbero mai andare disperse. Un recupero dell’identità che sarebbe davvero interessante.

Claudio Desideri