“Tanti ragazzi inghiottiti in un buco nero dove non c’è speranza, aiutiamoli”

Parla una professoressa dell’istituito Panzini di Senigallia, frequentato dal ragazzo che si è tolto la vita a 15 anni con la pistola del padre: “Sono immersi in un dolore che non conosciamo”

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Un ragazzo mentre zaino in spalla va a scuola (foto di repertorio)

Senigallia (Ancona), 15 ottobre 2024 – “Tanti, troppi ragazzi sono immersi in un dolore che non conosciamo, non vedono l'orizzonte, né il futuro". E’ ancora sconvolta la comunità di Senigallia dopo il tragico episodio avvenuto ieri, cioè la scoperta del cadavere di Leonardo, il ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita dopo aver rubato la pistola del padre.

Il giovane è stato trovato privo di vita dalle forze dell’ordine davanti ad un casale di campagna, a Montignano, frazione di Senigallia. Sembra che dietro questo gesto estremo – ed è su questo punto che stanno indagando gli investigatori – ci sia l’ombra del bullismo: Leonardo infatti era stato preso di mira dai compagni di classe con insulti e offese. E’ per questo che il 15enne non voleva più tornare tra le aule dell’istituto Panzini, scuola nella quale si era appena trasferito. Ora sono al setaccio il suo cellulare e il computer del ragazzo, dall’analisi dei quali si spera di fare luce su questa sconvolgente vicenda. 

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Il luogo dove è stato ritrovato il corpo del ragazzo suicida (foto Effimera)

In tanti stanno provando a dare una risposta alla domanda più importante: perché l'ha fatto?. "Non è giusto”, esclama una docente dell'istituto Panzini, che vuole rimanere anonima. “A 15 anni devi avere una via d'uscita, dobbiamo aiutarli a trovarla. Tanti, troppi ragazzi sono immersi in un dolore che non conosciamo, non vedono l'orizzonte, né il futuro. Sono inghiottiti in un buco nero dove non esiste la parola speranza, dove si sentono soli, incompresi e invisibili. E noi adulti non abbiamo gli strumenti per affrontare un disagio che ha proporzioni enormi. Lo dicono i numeri, lo urlano gli psichiatri, i reparti di igiene mentale pediatrica, gli interventi di emergenza e gli stessi docenti, inermi”.

“Abbiamo bisogno di aiuto – ribadisce con forza ancora la professoressa -. Ne hanno bisogno i ragazzi. Di supporto qualificato, universale, accessibile a tutti, garantito dallo Stato. Altrimenti non ne usciamo. Non posso che aggrapparmi alla speranza che la sua morte non sia vana, che spinga i ragazzi in difficoltà ad avere fiducia e ad aprirsi e noi adulti ad essere pronti a supportarli. E che ci obblighi tutti a guardarci dentro. Perché un ragazzo che si toglie la vita a 15 anni ci sta urlando che nessuno è esente da colpe, che abbiamo fallito tutti. E non deve più succedere”.