Imprenditore pratese: "Circondati dai russi. Fuggire da qui ormai è impossibile"

Mirko Vangi è l’amministratore delegato di una grande azienda tessile dell’Ucraina con sede a Chernihiv. "Molti paesi e villaggi sono quasi distrutti. Missili a 300 metri dalla mia casa"

Vangi durante la videochiamata con la nostra redazione

Vangi durante la videochiamata con la nostra redazione

Prato, 2 marzo 2022 - "Adesso è pericoloso uscire in strada. Sono due giorni che non metto il naso fuori dal sottosuolo, dove vivo da cinque giorni con mia moglie e mia figlia di 9 anni. E comunque noi siamo fortunati, perché abbiamo corrente elettrica, caldo e cibo. Molti invece sono nei bunker al buio, al freddo, all’umidità ed è probaile che presto inizieranno a scarseggiare i viveri". Mirko Vangi, 43 anni di Vaiano, è l’amministratore delegato di una delle più grandi imprese dell’industria tessile in Ucraina. La sede dell’azienda è a Chernihiv, nella regione di Chernigov, al confine con la Bielorussia. In pochi giorni Vangi, come lui stesso ha raccontato l’altra sera a Tv Prato, è stato risucchiato nell’inferno di una guerra "che nessuno si aspettava". La sua vita è stata stravolta come quella dei suoi concittadini - Chernihiv ne conta 350.000 ed è a 150 chilometri da Kiev - e del resto della popolazione ucraina.

"Nessuno o pochi sono fuggiti", racconta Vangi a La Nazione. "L’Ambasciata italiana ha consigliato di scappare, ma come possiamo fare se le strade sono controllate e la città è quasi circondata? Quando chiediamo cosa dobbiamo fare, non riceviamo alcuna risposta. Saremmo dovuti scappare subito, ma nessuno poteva immaginare quello che sta accadendo". Vangi ci racconta l’incubo che sta vivendo mentre ci invia via Whatsapp le immagini della distruzione che imperversa in città, l’orrore dei missili che si schiantano a poche centinaia di metri dalla sua casa e l’impossibilità di fuggire per tornare in Italia.

Purtroppo i suoni della guerra si fanno sempre più vicini a Chernihiv, una città moderna dove "si viveva bene, qui ci sono tutte le risorse per stare bene". E continua nel suo racconto: "Pensi che i paesi e villaggi della periferia sono tutti distrutti. Pochi giorni fa a 300 metri da qui tre palazzi e il cinema sono stati centrati da tre missili sparati dalla Bielorussia: in realtà l’obiettivo doveva essere il palazzo comunale. E’ stato uno dei momenti di maggiore paura, abbiamo sentito un boato terribile. Sono stati lanciati oltre 50 razzi che hanno colpito edifici residenziali e pur un asilo". Mentre Vangi parla con noi sono le 16,30 di pomeriggio (ora italiana) e c’è un momento di pausa dalle sirene. Ma è, appunto, solo una pausa. La notte scorsa altri tre missili sono stati lanciati per distruggere il ripetitore della televisione e delle comunicazioni telefoniche che si trova vicino a molte abitazioni: l’obiettivo non è stato raggiunto, ma sono state presi in pieno alcuni palazzi.

"Sembra che ci sia la volontà di isolare la città. Vengono colpiti anche i supermercati e i centri commerciali, sembra quasi che si vogliano tagliare i mezzi di sostentamento", commenta l’imprenditore, che da quindici anni vive in Ucraina con la sua famiglia. Da quando la guerra ha avuto inizio e sono partiti gli attacchi pesanti da parte dell’esercito russo, Vangi non è potuto pù tornare nella sua azienda, che dista circa tre chilometri dalla casa in cui abita. "E’ molto rischioso arrivare fino alla fabbrica - racconta - La strada è minata e molte vie sono chiuse". Alla Ksk Cheksil lavorano mille operai su una superficie di 300.000 metri quadrati. "Svolgiamo un’attività tipicamente pratese. Produciamo tessuti pettinati in pura lana e in lana cardata", spiega Vangi dal suo bunker. Un’azienda che è ritenuta un obiettivo sensibile, a rischio, perché "rifornisce il ministero di tessuti per l’abbigliamento", tanto che l’immobile è attualmente sorvegliato e piantonato da un centinaio di guardie".

I contatti con Prato sono costanti: "Ogni giorno parlo con mio fratello Gianluca, anche lui imprenditore tessile, e abbiamo intenzione di continuare a farlo al meno fino a quando saranno garantiti i collegamenti telefonici ed internet. Finché ci sarà internet sarà un bene anche per la mia bambina che è stanca di stare qui dentro e che sul web può distrarsi in qualche modo".

Vangi non pensa solo a se stesso ma anche a chi sta peggio di lui. E a chi è oggi vittima non solo della battaglia a cui tutti stiamo assistendo, ma anche della battaglia della disinformazione. "Ho parlato con alcuni clienti della Russia e della Bielorussia: mi hanno detto che loro non sanno niente della guerra".