Sanremo 2022, Giovanni Truppi: "Dal Portico dei Servi al palco dell'Ariston"

Il cantautore, bolognese d’adozione, porta sul palco ‘Tuo padre, mia madre, Lucia’. "Sotto le Torri un crocevia dal fascino unico"

Il cantautore Giovanni Truppi, 40 anni, ha scelto di vivere a Bologna (ph Zoppellaro)

Il cantautore Giovanni Truppi, 40 anni, ha scelto di vivere a Bologna (ph Zoppellaro)

Bologna, 1 febbraio 2022 - "Credo di aver pensato per la prima volta alle parole e alla melodia della canzone in bicicletta, mentre transitavo di fianco al Portico dei Servi" racconta Giovanni Truppi, 40 anni, nell’attesa di debuttare a Sanremo con ‘Tuo padre, mia madre, Lucia’. "Ogni volta che passo di lì mi viene in mente ‘Eskimo’ di Guccini, ma quel giorno credo di non essermi reso subito conto di dove mi trovavo tanto ero preso da altri pensieri". Nato a Napoli, ma trapiantato a Bologna da un paio d’anni assieme alla mamma di Lucia, appunto, Truppi è la scommessa cantautorale di questa 72ª edizione del Festival. Le Monde lo definisce un artista capace di passare "dall’infinitamente intimo all’immensamente cosmico" e l’opportunità che gli offre ora l’Ariston appartiene decisamente alla seconda categoria.

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Giovanni, s’è ambientato in città? "Purtroppo, mi sono trasferito a Bologna appena prima della pandemia e quindi non ho ancora conosciuto uno dei suoi aspetti più importanti, che è quello della vitalità. Mi affascina il fatto che in una città così più piccola di Roma ci sia un’offerta culturale di tale spessore, e il fatto di poterne usufruire comodamente, date le dimensioni della città, è una cosa che apprezzo molto. Poi ci sono le osterie sui colli… e la coppa di testa".

Bologna è ancora un crocevia del cantautorato italiano? "Mi sembra un dato di fatto, siamo proprio in tanti ad abitarci. Chissà se proprio per questa sua storia così importante che continua ad affascinarci anche a distanza di tempo".

Frequentazioni? "I musicisti che incontro più spesso sono i C’mon Tigre, che mi hanno accolto nel loro studio e con i quali da qualche mese condivido il pranzo quasi tutti i giorni. Quando riusciamo vedo Edoardo Calcutta, Davide Brace, Checco dello Stato Sociale, Aurora di ‘Io e la tigre’".

Lei è più da Premio Tenco che da Festival. Non è che ha azzeccato palcoscenico, ma sbagliato periodo dell’anno? "Fra le canzoni dell’album a cui sto lavorando avevo questa che poteva tentare la strada del Festival e così l’ho detto alla casa discografica senza dare troppo peso al fatto che avrei potuto essere preso. Ora che l’hanno fatto, mi sento comunque abbastanza tranquillo perché è un pezzo che mi rappresenta molto. E la cosa mi tranquillizza, perché si sa che poi le canzoni di Sanremo ti rimangono attaccate addosso per molto, molto, tempo".

Il pezzo è firmato pure da Pacifico e da Niccolò Contessa de I Cani. "Fuori dalla mia cerchia non avevo mai fatto l’esperienza di confrontarmi con altri autori di canzoni. In estate ho sentito il bisogno di fare questa esperienza, così ho contattato Gino e Niccolò che hanno lasciato il loro segno".

Per la cover da cantare la sera di venerdì è ricorso al De André meno prevedibile, quello de ‘Nella mia ora di libertà’, e al sostegno di un super ospite quale Vinicio Capossela. "Si tratta di una canzone pericolosa, tratta fra l’altro da un album-concept quale ‘Storia di un impiegato’. Una canzone che parla di cose in cui credo e in cui quindi mi riconosco molto. Certo, senza Vinicio non so se mi sarei preso la responsabilità di cantarla in un contesto come il Festival. Avere accanto un artista così autorevole mi fa sentire un po’ più tranquillo. E più forte".