Carabiniere ucciso, i giudici dell’Assise: "Il telefonista anonimo non è Orazio Tasca"

"Il telefonista anonimo non è Orazio Tasca", principale imputato del delitto. E’ la conclusione, secondo la sintesi estrema offerta in aula dallo stesso presidente della Corte d’Assise di Ravenna Michele Leoni, a cui è giunto il perito Luciano Romito, professore di fonetica incaricato dal Tribunale romagnolo nell’ambito del processo per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi, il carabiniere di leva di Bosco Mesola (Ferrara) sequestrato a scopo di estorsione, zavorrato a una pesante grata e gettato nel Po di Volano a 21 anni la notte del 21 aprile 1987 mentre rincasava dai suoi familiari, imprenditori del settore ortofrutticolo, ad Alfonsine (Ravenna).

Alla sbarra, oltre a Tasca – 57enne originario di Gela (Caltanissetta), oggi residente a Pavia e all’epoca in servizio come carabiniere alla caserma di Alfonsine –, ci sono Angelo Del Dotto – 58enne di Palmiano e al tempo sempre in servizio come militare ad Alfonsine – nonché l’idraulico del paese, il 66enne Alfredo Tarroni.

In particolare secondo il perito, l’analisi dialettologica sulle due voci – quella del Tasca e quella del telefonista che al tempo chiese un riscatto di 300 milioni di lire alla famiglia – hanno "provenienza territoriale siciliana: possibile dedurre che quella anonima appartenga alle parti orientali delle province di Messina, Catania, Siracusa o a un centro agrigentino come Sciacca".

E invece "quella nota potrebbe essere ascrivibile alla vasta area centrale della Sicilia". Ovvero si tratterebbe di "due distinti parlatori". Secondo il consulente della Procura, l’ingegnere elettronico Sergio Civino che nel suo lavoro aveva seguito altra metodologia, la probabilità che la voce dell’anonimo telefonista del delitto Minguzzi fosse proprio quella dell’allora carabiniere Tasca, è 2.884 superiore alla probabilità che non lo sia; ci sarebbe cioè una forte evidenza. I tre imputati erano stati condannati, con pene già espiate, per la tentata estorsione a un altro imprenditore ortofrutticolo di Alfonsine (Contarini) sempre da 300 milioni di lire nell’ambito della quale, durante un appostamento, la notte del 13 luglio 1987 fu ammazzato il carabiniere 23enne Sebastiano Vetrano originario della provincia di Caserta e in servizio a Ravenna.