Il successo della prima stagione lirica del Cicconi

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"Sabato 19 scorso fu inaugurato questo Teatro Cicconi coll’opera Luisa Miller ed ebbe un successo strepitoso". A scriverlo, in una lettera al suo agente, fu il celebre tenore Settimio Malvezzi, protagonista dell’inaugurazione del nuovo teatro ’Luigi Cicconi’ di Sant’Elpidio a Mare sabato 19 luglio 1873. Malvezzi era stato il primo Rodolfo nella prima assoluta dell’opera verdiana al ’San Carlo’ di Napoli l’8 dicembre 1849 e nonostante gli anni passati, per Sant’Elpidio fu un lusso averlo nel cast messo in piedi dall’agente bolognese Adolfo Proni, insieme al ’sublime soprano’ Albina Contarini e al giovane baritono Antonio Faentini Galassi, che poi sarebbe andato a far fortuna nei teatri d’America. Diresse l’orchestra un altro giovane, il venticinquenne Luigi Mancinelli, violoncellista al suo debutto sul podio, che da quella sera avrebbe intrapreso una brillante carriera di direttore.

Il progetto del nuovo teatro intitolato al poeta improvvisatore elpidiense scomparso a Mortara nel 1856, affidato all’arch. Ireneo Aleandri – il progettista dello Sferisterio di Macerata – era stato rielaborato dall’elpidiense marchese Gaetano Bartolucci, fratello del sindaco-deputato Pio, e la sua apertura non poteva avere un successo migliore. Quella sera la città riaveva finalmente il suo teatro, dopo la chiusura del vecchio teatrino ’dell’Orso’, costruito interamente in legno all’interno del palazzo comunale, nella sala oggi del consiglio comunale, non più sicuro e capace di soddisfare le esigenze delle famiglie notabili del paese. Un’apertura di prova c’era stata nel novembre dell’anno precedente (il teatro festeggia dunque quest’anno i 150 anni…) ma occorse altro tempo per sistemarlo definitivamente. Tre le opere del cartellone inaugurale: oltre alla Luisa Miller, il Poliuto di Donizetti e il Faust di Gounod. Malvezzi fu chiamato a bissare la romanza “quando le sere al placido” e alla Contarini fu dedicata una serata d’onore il 9 agosto successivo. Per oltre 70 anni il teatro fu all’avanguardia. Poi arrivò il modernismo e nel 1951 lo distrussero per farne una sala cinematografica. Così è la vita.

Giovanni Martinelli